«Sono molto arrabbiata - sottolinea la moglie - perché purtroppo siamo stati costretti a venire in Svizzera per avere una morte dignitosa e senza sofferenze». «Mio marito era malato da due anni di tumore - spiega -. Ma era comunque una persona ancora lucidissima.
E non depressa». «La scelta è stata fatta in modo consapevole e ragionato. L'abbiamo elaborata a lungo - spiega -. Anche io lo farei. A lui piaceva tantissimo vivere però era condannato e voleva morire senza soffrire, in modo dignitoso. Perché la vita che ha fatto nell'ultimo periodo per lui non era dignitosa. Ormai pesava cinquanta chili, ed era costretto alla morfina tre volte al giorno. Il problema è proprio la prospettiva: se avesse saputo che tra cinque, sei mesi avrebbe smesso di soffrire allora non lo avrebbe fatto. Ma così no». «È offensivo che in un Paese civile come l'Italia non ci sia una norma che permetta a una persona in queste condizioni di decidere come morire, e senza dover soffrire».