Carlo Iacomucci fine incisore e ottimo pittore con la fissa per Federico da Montefeltro

Carlo Iacomucci fine incisore e ottimo pittore con la fissa per Federico da Montefeltro
Carlo Iacomucci fine incisore e ottimo pittore con la fissa per Federico da Montefeltro
di Giovanni Filosa
3 Minuti di Lettura
Domenica 30 Ottobre 2022, 07:16

JESI - Federico è un nome che ricorre nella vita dell’artista Carlo Iacomucci, un chiodo fisso e nobile che lo segue dalla sua nascita. All’inizio nella bellissima Urbino, posta sulle morbide colline marchigiane che si affacciano verso il Mar Adriatico e che ebbe una grande fioritura culturale nel 15esimo secolo grazie al mecenatismo di Federico di Montefeltro e di suo figlio Guidobaldo, trasformandosi da borgo medievale a splendida corte principesca.

L’altro Federico, siamo convinti, è Federico secondo di Svevia, quello - seppur idealmente prestato con diritto di riscatto alla vicinissima Monsano - nato a Jesi, lo “stupor mundi”, una delle più affascinanti figure della storia medievale, l’ultimo imperatore che tentò di costituire un impero universale che riunisse tutti i domini dell’Europa occidentale.
La galleria
Carlo Iacomucci, inci

sore finissimo e ottimo pittore, da pochi mesi ha il suo atelier-abitazione a pochi passi da Monsano e da Jesi. E lì che l’abbiamo incontrato, un posto magico che è, di per sé, una vera galleria d’arte. Al duca di Urbino ha dedicato alcuni suoi lavori, visto che quest’anno ricorrono i 600 anni dalla nascita di questo grande del Rinascimento. «Chi non conosce la figura di Federico da Montefeltro?», ci dice. «Da bambino - aggiunge - ho giocato davanti al sagrato della chiesa di San Bernardino, dove è sepolto il duca. La scuola che ho frequentato, l’Istituto statale d’arte, scuola del libro, si è svolta dentro il palazzo ducale, ed ho respirato quell’aria artistica e quei profumi rinascimentali, in cui la città ducale è da sempre impregnata e immersa, con accanto l’ombra del grande condottiero. Ho toccato le ombre della sua biblioteca personale, immensa e bellissima. Il palazzo ducale fu uno dei maggiori capolavori d’arte che fece realizzare, affidando la direzione dei lavori ad architetti come Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini. Insomma mi è sembrato giusto dedicargli alcune opere significative e suggestive».
La raffigurazione
Ha raffigurato Federico da Montefeltro anche dalla parte sinistra del viso… «Sì, la storia ci racconta che perse un occhio, quello destro, probabilmente in un combattimento, e ci racconta anche che si fece operare al naso perché così, diceva, avrebbe potuto guardare meglio, con l’occhio sinistro, quello che accadeva alla sua destra. Ho ritratto il “mio Duca” in tante mie opere, mi ha aiutato la lunga ricerca come incisore, quello io sono, prima di essere anche pittore. Ho assorbito le mie “radici culturali”, partendo dalla mia infanzia in campagna e vivendo immerso nelle testimonianze del Rinascimento urbinate. Chiaramente nei miei lavori, dai paesaggi intorno al Duca ed ai torricini, sono andato oltre dipingendo, per esempio, un olio su tela, una casacca sospesa fra il cielo e la terra, quasi un manichino evanescente che viene fuori da questi movimenti ventosi che salgono verso l’alto, con sopra il cappello del duca e, intorno, il Palazzo ducale». 
I ricordi
Molte opere sono scaturite dai ricordi del passato. «Ho lavorato - afferma - mosso dai ricordi dell’infanzia che hanno arricchito alcune opere in un paesaggio di gocce, segni, aquiloni, tracce, fitti reticoli e tratteggi.

Anche dei melograni, un frutto prezioso. Mi sento sempre e ancora fortunato di essere nato nella periferia di Urbino, di aver studiato in questa straordinaria città di cui ricordo, quando studiavo una poesia di Pascoli, le grida dei bambini mentre fanno volare gli aquiloni, perché anche io ne avevo uno che volteggiava nel vento. È una città di cui non si può fare a meno, perché nell’inconscio assorbi cultura, arte e storia, elementi che mi sono serviti nella mia maturità artistica».

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