Disturbi alimentari, quando il "magro
è bello" distrugge l'equilibrio col cibo

Disturbi alimentari, quando il "magro è bello" distrugge l'equilibrio col cibo
di Federica Buroni
5 Minuti di Lettura
Martedì 19 Dicembre 2017, 13:50
Tra anoressia e bulimia, ecco serviti i disturbi dell’alimentazione. Fenomeni comuni, soprattutto oggi con il trionfo dello stereotipo “magro è bello”; colpiscono le adolescenti e le giovani donne e spesso producono gravi danni alla salute fisica. Silvia Filipponi, medico psicoterapeuta, specialista in Endocrinologia e nella diagnosi e cura dei disturbi alimentari di Ancona, parla chiaro: «La loro conoscenza è ancora scarsa e, questo, in parte, è dovuto alla disinformazione e alla diffusione di concetti imprecisi rispetto alle cause che sono alla base di questa problema». Qualche numero. L’anoressia nervosa colpisce lo 0,28% delle adolescenti e giovani donne adulte dei paesi occidentali, ha un tasso di mortalità del 5% e il 10-20% delle persone ha questo disturbo per tutta la vita; la bulimia nervosa colpisce l’1% di adolescenti e giovani donne adulte, ha un tasso di mortalità da 0 a 2%, età d‘esordio tra i 12 e i 25 anni. I disturbi dell’alimentazione incontrollata interessano l’1,6% tra le femmine e lo 0,8% tra i maschi. L’età d’esordio è dopo i 18 anni.
 
Il fenomeno: le caratteristiche
I disturbi dell’alimentazione sono tra i più comuni problemi di salute che affliggono adolescenti e giovani donne. «Sono nocivi e spesso producono gravi danni alla salute e al funzionamento psicosociale e aumentano il rischio di morte prematura», insiste la professionista. Questi disturbi sono caratterizzati da un persistente disordine dell’alimentazione. E cioè, come spiega Filipponi, «digiuno, restrizione dell’alimentazione, crisi bulimiche o di comportamenti legati all’alimentazione come vomito, esercizio fisico eccessivo, assunzione di lassativi, diuretici, che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano la salute fisica o il funzionamento psicosociale». Lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione dipende, dunque, da una preoccupazione estrema per il corpo, la convinzione di essere grassi e poco attraenti; una convinzione associata a comportamenti disfunzionali e non salutari per modificare il proprio fisico. L’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo è il tratto comune.


 
Le cause
Va sottolineato che non c’è una sola causa all’origine. La dottoressa fa il punto: «Si parla dell’azione combinata di fattori di rischio individuali, familiari e socio-culturali su di una condizione neurofisiologica disfunzionale». Insomma, i fattori di rischio sono «quelle condizioni antecedenti al disturbo che aumentano la probabilità del suo sviluppo; per essere considerati tali devono essere presenti nel paziente da almeno un anno prima dell’insorgenza della malattia». Secondo Filipponi, vengono suddivisi «in fattori di rischio generali ovvero sesso femminile, adolescenza o prima età adulta, appartenenza alla cultura occidentale, generici e cioè che si riscontrano in altri disturbi mentali come eventi distruttivi, molestie, abusi e via dicendo, e specifici nel senso di riferirsi proprio a questa forma di disordine alimentare come seguire diete o avere familiari a dieta, aver ricevuto critiche sul proprio corpo o su come si mangia». In generale, si può affermare, spiega la specialista, che «i fattori precipitanti di solito sono rappresentati da cambiamenti: cambiare casa, ammalarsi gravemente, iniziare o finire una storia sentimentale, abuso sessuale e via dicendo. Questi fattori attivano lo schema di autovalutazione disfunzionale».
 
La terapia
L’orientamento attuale in psicoterapia tiene conto di tutti i diversi fattori che s’intrecciano in questa patologia per cui l’attenzione non è rivolta solo agli aspetti psicologici e comportamentali ma verte anche verso quello biologici. È dunque importante, sottolinea Filipponi, «che il trattamento consideri il quadro organico». Negli ultimi dieci anni, la conoscenza dei disturbi dell’alimentazione ha compiuto passi avanti e oggi sono disponibili forme più efficaci di cura con dati supportati dall’evidenza scientifica. Una delle ultime terapie proposte è, spiega la dottoressa, «la terapia cognitivo comportamentale enhanced (migliorata), la cosiddetta Cbt-E».
Ideata da Christofer Faiburn e da alcuni suoi collaboratori dell’università di Oxford, la «Cbt-E è stata pensata per curare tutte le categorie diagnostiche dei disturbi dell’alimentazione e, per questo motivo, è chiamata transdiagnostica. L’edizione di settembre 2017 dei Quaderni del Ministero della salute, che riporta le linee di indirizzo nazionali italiane per la riabilitazione psico-nutrizionale dei disturbi dell’alimentazione, si allinea a queste nuove raccomandazioni». Il luogo ideale per trattare questa patologia, come chiarisce ancora l’esperta, è il «setting ambulatoriale perché non interrompe la vita del paziente e i cambiamenti effettuati tendono a persistere perché sono conseguiti da questo nel proprio ambiente abituale di vita. Ci sono, però, alcuni pazienti che non rispondono al trattamento ambulatoriale standard o intensivo, oppure non possono essere gestiti in modo sicuro. Per questi, occorrono cure più intensive in strutture ospedaliere specializzate per il trattamento di tali disturbi».
 
A chi rivolgersi
«Occorre farsi seguire da professionisti specializzati nella diagnosi, nel trattamento e nella cura di questi disturbi», fa sapere Filipponi. Che aggiunge: “Ancora oggi, alcuni servizi dei media offrono un’informazione scorretta in materia contribuendo ad alimentare numerosi miti”. Esiste, invece, in Italia Aidap, associazione italiana disturbi dell’alimentazione e del peso. E’ un’associazione autonoma, senza fini di lucro ed è riconosciuta come società medico scientifica dalla Federazione delle società medico-scientifiche italiane. «Ha lo scopo di condividere un certo tipo di conoscenza e cultura della prevenzione – dice Filipponi che è responsabile dell’Aidap Marche -, educazione, trattamento e ricerca dei disturbi dell’alimentazione. Aidap è stata accreditata come partner del Ministero della Pubblica istruzione per la promozione del piano nazionale per la prevenzione del disagio fisico». Per rivolgersi all’associazione, www.aidap.org.



La terapia Cbt-Ed l’unica raccomandata
Per la terapia dei disturbi dell’alimentazione, nel tempo, sono stati proposti diversi tipi di trattamento: quello basato sulla famiglia, la psicoterapia focalizzata per gli adolescenti, quella psicodinamica focale, l’auto guidato, la terapia cognitivo comportamentale. Il 23 maggio scorso, il National istitute for clinical excellence (Nice) ha pubblicato un aggiornamento completo delle linee guida Nice CG9 del gennaio 2004. Dalle nuove linee guida emerge che la Cbt-Ed è il solo trattamento raccomandato per tutti. (www.aidap.org).
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA