Frode fiscale da 2 miliardi e 85 indagati: soldi ripuliti con 140 imprese fantasma

La Finanza smantella il sistema di maxi-evasione che parte dal Senigalliese. Sotto accusa in 4 della provincia

Frode fiscale da 2 miliardi e 85 indagati: soldi ripuliti con 140 imprese fantasma
Frode fiscale da 2 miliardi e 85 indagati: soldi ripuliti con 140 imprese fantasma
di Antonio Pio Guerra
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Venerdì 26 Gennaio 2024, 04:15 - Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio, 07:28

SENIGALLIA - Due anni di indagini per stanare un giro di fatture false da quasi due miliardi di euro tra la Cina e l’Italia. Sono i numeri con cui si presenta Fast&Clean, la maxi-operazione condotta dalla Procura di Ancona e dalla Guardia di Finanza del capoluogo e di Senigallia che ieri mattina ha portato all’emissione di 85 avvisi di garanzia ed al sequestro di beni per 350 milioni. Nel mirino degli inquirenti è finita tutta l’Italia, con trenta perquisizioni nelle province di Milano, Varese, Brescia, Monza, Padova e Ragusa.

Le indagini

Quattro gli indagati nell’Anconetano, dove tutto è partito.

Più precisamente da Corinaldo, nel senigalliese, dove ormai due anni fa le Fiamme Gialle avevano svolto un controllo a carico di un imprenditore cinese che operava nell’ambito del tessile. Già allora gli agenti avevano potuto riscontrare delle anomalie, le quali avevano permesso di scovare una rete di aziende cartiere che emettevano fatture false per un valore di 150 milioni di euro, con un’evasione di tasse ed imposte stimata in oltre 60 milioni. Ma la trama era ancora più fitta. Supportati dal Gruppo Investigazioni Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Ancona, i finanzieri di Senigallia sono arrivati ben oltre ed hanno potuto identificare ulteriori 140 imprese fantasma che operavano con le stesse modalità di quelle già individuate.

Soltanto che ora la posta in gioco era nettamente più alta: circa 1,7 miliardi di euro nel biennio 2022-2023. Lo schema con cui tali aziende operavano era tanto semplice quanto intricato. L’obiettivo era quello di riciclare denaro provento dell’evasione delle imposte, così da poterne disporre nuovamente e senza destare sospetti. Nel giro erano coinvolti imprenditori italiani e cinesi. Stando alla ricostruzione compiuta dai militari, le aziende cartiere emettevano le loro fatture false e indicavano al finto cliente un conto corrente italiano ove inviare il denaro. Somme che venivano quindi spedite a mezzo di bonifico in Cina, o direttamente o attraverso passaggi intermedi in altri istituti di credito esteri. Il giustificativo di tale operazione era legato alla presunta importazione di beni dall’Est.

Arrivati nel paese del Dragone, i soldi venivano prelevati e tornavano in Italia sottoforma di contanti, trasportati da appositi corrieri. Che quindi li consegnavano agli imprenditori che avevano avviato il riciclaggio ma al netto del costo di tutto il procedimento. Per questo complesso di operazioni c’è anche un nome. Gli esperti lo chiamano “underground bank”, una banca occulta estremamente efficiente.

La struttura

Lo dimostrano i beni sequestrati: a Milano, dove si crede ci fosse il cervello del business (con la sola manovalanza qui nelle Marche) è stato sequestrato ad una cittadina cinese un milione di euro in contanti custodito in valigie tenute all’interno della sua abitazione. Sempre in Lombardia erano allocate le 140 imprese che fungevano da stamperie di fatture false e delle quali è stata disposta la chiusura. Tali aziende avevano attirato le attenzioni degli investigatori perché dotate di organici improbabili o addirittura di sedi ad indirizzi inesistenti.

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