ANCONA - Ilaria Maiorano è stata prima picchiata nella sala da pranzo, poi nell’antibagno e, infine, nella camera da letto delle bambine, dove si era rifugiata per sfuggire all’aggressione. Qui, il marito aveva sfondato la porta per picchiarla a morte. Una volta uccisa, lui avrebbe pensato a lavarla, vestirla con abiti puliti e togliere da casa le tracce del delitto, scartavetrando addirittura la vernice dalle pareti che si erano macchiate di sangue. La sequenza dell’orrore è stata ricostruita da un carabiniere della Scientifica nel corso del processo incardinato contro Tarik El Ghaddassi, il 42enne marocchino accusato di aver ucciso la moglie, Ilaria Maiorano, nella loro casa di Padiglione di Osimo.
La violenza
Il delitto risale all’11 ottobre del 2022. È da quel giorno che l’imputato è recluso in carcere.
Dopo l’omicidio, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, il marocchino avrebbe iniziato l’opera di depistaggio con «la pulizia del cadavere e il riordino della casa». Lui ha sempre rigettato le accuse: la moglie sarebbe morta dopo una caduta dalle scale. Per la procura, il marocchino - difeso dall’avvocato Domenico Biasco e presente in aula - avrebbe lavato il corpo della donna sotto la doccia (è stata rinvenuta una boccetta di disinfettante), per poi adagiarla sul materasso della camera delle bimbe (girato sul lato meno sporco di sangue) e vestirla con abiti puliti, ma in maniera così grossolana (il reggiseno non era allacciato e la canottiera era arrotolata) da destare sospetti.
L’imputato avrebbe cercato di riordinare le stanze e cancellare le tracce del delitto. Per esempio, come ricordato dal testimone, «la biancheria sporca viene accatastata sul divano, il piede della sedia viene lanciato nel garage e altri panni sporchi vengono messi nel locale-lavanderia». Inoltre, il 42enne avrebbe provato a pulire le pareti, tanto che è stata trovata in casa della carta vetrata sporca di sangue. I carabinieri avevano rinvenuto anche una busta con vestiti puliti maschili: come se El Ghaddassi fosse pronte a fuggire via. In aula sono state anche proiettate le foto del cadavere della vittima, con il volto tumefatto. Processo aggiornato al 6 febbraio.