Caos Pd, se Mangialardi non lascia la poltrona si ritorna dalla Schlein

Bomprezzi vuole la testa del capogruppo: alla fine uno dei due dovrà lasciare La segretaria resta convinta che (almeno) 4 consiglieri gli gireranno le spalle

Caos Pd, se Mangialardi non lascia la poltrona si ritorna dalla Schlein
Caos Pd, se Mangialardi non lascia la poltrona si ritorna dalla Schlein
di Maria Teresa Bianciardi
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Giovedì 28 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 29 Marzo, 10:46

Lo scenario - visto anche il periodo - è da Ultima Cena. Con il capogruppo regionale del Pd Mangialardi apparentemente affiancato da cinque (su 7) fedelissimi consiglieri: gli stessi che già il 10 marzo 2023 rinnovarono la fiducia all’ex sindaco di Senigallia. Era il tempo dell’elezione di Elly Schlein e Chantal Bomprezzi, alla segreteria nazionale e marchigiana. E la Bomprezzi già allora cercò di impallinare Mangialardi - sostenitore alle primarie di Michela Bellomaria - anche se la mossa finì con un nulla di fatto.

 

Una conta dopo l’altra

Un anno e un mese dopo c’è il rischio di un’altra conta, ma stavolta il capogruppo è nel mirino della segretaria regionale come risposta diretta a un anno in cui - basta leggere la relazione della Bomprezzi di lunedì - Mangialardi avrebbe superato il limite negli atteggiamenti e nei contenuti. «Tutti pensano che dipenda dalla visita alla Schlein di febbraio (l’ormai celebre dossier Marche portato a Roma dalla maggioranza dei consiglieri regionali, ndr), ma nella mia relazione quella roba lì manco l’ho citata. È come guardare il dito e non la luna».

Bomprezzi dixit. La prova di forza è rinviata a dopo Pasqua, con una sola certezza: fuori i secondi dal ring, dei due ne resterà solo uno. «Chi sta con me o contro di me?». I contro ufficialmente sono i due consiglieri che hanno portato la Bomprezzi a vincere le primarie, Mastrovincenzo e Carancini.

Qui si incastra il tassello Cesetti, fermano di Montegiorgio con un passato da assessore regionale, che ieri ha fatto un passo di lato nel tentativo di mettersi al riparo dalle ire della segretaria regionale: «I consiglieri hanno il dovere di lavorare per l'unità del Partito. Mai ispirato quel documento, l’ho anzi corretto per togliere qualsiasi accenno critico nei confronti della Bomprezzi. Mangialardi? Serve responsabilità». Il sospetto che sia pronto a votare contro il capogruppo prende una tonnellata di sostanza. Ipotizziamolo, ma non basta. Su 7 consiglieri regionali (l’ottavo è lo stesso Mangialardi), devono essere in 4 a sfiduciare il capogruppo. La maggioranza.

E i quattro con il boccino in mano sono Bora, Casini, Biancani e Vitri. Ne basterebbe uno soltanto per far deporre le armi all’ex sindaco di Senigallia. L’analisi logica non prevederebbe nessun bacio traditore, eppure nel travagliato presente del Pd tutto è possibile. Lo sa bene Michela Bellomaria, che subito dopo l’intervista rilasciataci ieri da Ceriscioli, ha invitato tutti a fermarsi e riflettere bene. «Così il partito va a sbattere», ha ammonito. E ha tentato di calmare le acque invitando «la segreteria a costruire un percorso unitario, che non può partire da nessun taglio di teste, creando una inutile quanto dannosa divisione». Mediazione a parte resta l’ultimo interrogativo all’ipotesi estrema: se i fedelissimi restassero tali, se l’Ultima Cena di Mangialardi non provocasse gli stessi effetti della biblica reunion e l’anatema lanciato dalla segretaria rimanesse inascoltato con Mangialardi fermo sul suo scranno, che accadrebbe al vertice Dem inascoltato?

La resa

La Bomprezzi non si fermerà: ha deciso di andare fino in fondo. È convinta che - convertiti sulla via di Palazzo Raffaello - i consiglieri regionali costringeranno Mangialardi alla resa, rovesciando le proporzioni tra favorevoli e contrari al capogruppo. In caso contrario ha deciso di portare la questione - lei stavolta - sul tavolo della Schlein. E alla svizzera Elly dirà che per rinnovare il Pd delle Marche ha bisogno di gente giovane. E fedele. Insomma, la strada è tracciata: per giovani e vecchi, lupi e agnelli sacrificali. Il barometro indica burrasca, gli spifferi sussurrano che la composizione delle liste europee potrebbe convincere qualcuno a cambiare idea. O a farla cambiare. Pesarese avvisato, mezzo salvato.

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