ANCONA «Ci aspettiamo grande attenzione per il nostro territorio da parte delle banche». «Ma fare credito è nostro interesse. E delle infrastrutture chi se ne deve occupare?». Scambio di battute al vetriolo tra il governatore Francesco Acquaroli e Giovanni Foresti, economista di Intesa Sanpaolo. Il ring è quello di Palazzo Raffaello, dove ieri sono stati presentati i risultati dell’osservatorio TrendMarche sulle imprese della nostra regione. «La liquidità è fondamentale. Siamo orfani di Banca Marche, sentiamo la differenza rispetto a quando c’era una banca forte del territorio» è il requiem pronunciato da Acquaroli.
Botta e risposta
E prosegue criticando i criteri di assegnazione del credito: «Il rating non tenga conto soltanto degli ultimi anni, che sono stati difficili per tutti, ma consideri l’intera storia delle imprese». «Ma il rating non è l’unico elemento che consideriamo» lo gela Foresti. Poi passa all’attacco frontale sul fronte delle infrastrutture. Poco prima, infatti, Acquaroli aveva detto: «Non è facile produrre nella nostra regione». Colpa di trasporti inefficienti, con treni che impiegano ore per arrivare a Milano ed una continuità territoriale che fa fatica a partire. «Facile essere competitivi dove c'è la fibra. Ad Ancona non abbiamo neanche l'Adsl. L'alta velocità? Ci vogliono due ore per raggiungerla» punta il dito il governatore.
Il nervo scoperto
«Chi le deve fare queste infrastrutture? Il problema non sono le banche.
I dati
Le cifre restano comunque importanti. «Lo scorso anno abbiamo erogato alle imprese marchigiane nuovi finanziamenti per 630 milioni di euro» ricorda Vincenzo De Marino, direttore commerciale di Intesa per le Marche e l’Emilia Romagna. Basta? Non proprio ed è qui che entrano in gioco i dati di TrendMarche. Che per certi versi sono impietosi. Sono state 4861 le imprese artigiane che hanno cessate l’attività nelle Marche, pari al 3,5% del sistema produttivo regionale. Per un raffronto: in Italia le cessazioni sono stati 31.718. Le più colpite sono quelle del commercio (-1678) e dell’agricoltura (-1639). Chi resiste, però, lo fa bene. La crescita media dei ricavi delle imprese resilienti, infatti, è stata del +15,8%. Di contro, calano gli investimenti: -17,8%. Duale anche il fronte dell’impiego: +31610 unità tra i dipendenti, -12428 tra gli autonomi. Per ora, insomma, il quadro non è idilliaco. Silenzi parla di «aspettative di contenimento» per il 2024. «Per le guerre non sembra ci sia ancora soluzione. Poi il costo del denaro e l'inflazione» spiega.