Papa Francesco la chiama “cultura dello scarto” e avverte che non c’è inclusione senza fraternità. Don Oreste Benzi, che ai disabili ha dedicato la sua vita di infaticabile apostolo della carità, sosteneva che le persone con disabilità sono la potenza di Dio tra noi. Il fondatore della Comunità Giovanni XXIII iniziò negli anni Cinquanta la propria missione solidale e pastorale lottando per includere le persone diversamente abili in tutti i contesti della società. Lungo decenni di apostolato al servizio dei fragili e degli “invisibili”, don Benzi ha costantemente testimoniato la necessità di andare oltre gli istituti per poter finalmente garantire a questi nostri fratelli e sorelle famiglia, affetti, scuola, lavoro invece di luoghi che li emarginano e li separano dal resto della collettività.
Nessuna persona – ed è bene ripetere il termine persona – può mai essere relegata in un ghetto, in un recinto, in un settore che separa ed esclude. Una mentalità che si abbassa solo a ipotizzare contenitori esclusivi riflette un pensiero disumano e insopportabile. Invece non c’è cosa più bella che procedere tutti insieme tenendo l’andatura “dello zoppo, del cieco, della donna incinta e di quella partoriente” come insegna il profeta Geremia. Quando si feriscono e si umiliano i fragili si ferisce tutta la società. Il vero salto di civiltà è mettersi dalla loro parte affinché si sentano ciò che sono realmente: soggetti unici e originali che fanno la storia e verso i quali dobbiamo sempre dimostrarci grati perché ciò che ci donano con il loro coraggio, le loro fatiche e sofferenze è infinitamente più di quel che ricevono.
Nessuno si può impunemente permettere di discriminare né direttamente né indirettamente qualunque essere umano. «La nostra Comunità in loro e con loro ha ricevuto un aumento di grazia, per cui in loro e con loro ha maggiore possibilità di crescita e di testimonianza – sottolineava don Benzi –. Questi nostri fratelli disabili coi quali il Signore ci ha fatto incontrare, sono dono di Lui che se accolto con amore ci salva. Ci dà infatti la possibilità di rendere visibile il corpo di Cristo che è la Chiesa e di liberarci da noi stessi».
Alla Giornata mondiale delle persone con disabilità Jorge Mario Bergoglio ha invocato la comunione reciproca. «Non c’è inclusione se essa resta uno slogan, una formula da usare nei discorsi politicamente corretti, una bandiera di cui appropriarsi», ribadisce il Pontefice.
. Ogni uomo e ogni donna, in qualsiasi condizione si trovi, è portatore, oltre che di diritti che devono essere riconosciuti e difesi, anche di istanze ancora più profonde, come il bisogno di appartenere, di relazionarsi e di coltivare la vita sociale fino a sperimentarne la pienezza. Invece di precipitare nella logica dell’esclusione occorre garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici e ai luoghi di incontro e apprendimento come appunto le scuole. È un dovere di tutti e di ciascuno rendere accessibili i linguaggi e superare barriere fisiche e pregiudizi affinché ognuno si senta parte di un corpo, con la sua irripetibile personalità.
Solo così ogni persona, con i suoi limiti e le sue doti, si sentirà incoraggiata a fare la propria parte per il bene di tutta la società. Il Vangelo racconta la storia di quell’uomo che aveva organizzato la festa per le nozze del figlio. Chiama i servitori e dice: «Andate all’incrocio delle strade e portate tutti». Ammalati, piccoli, vecchi. Tutti, senza esclusione. Al contrario imboccare la strada dell’esclusione conduce alla barbarie.
* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII