Solo in parte è merito del “revenge spending”, e cioè del rimbalzo dei consumi d’oro alimentati dalla liquidità accumulata durante i lockdown.
Per dare un’idea di dove arrivi la cavalcata del lusso basta dire che il valore delle vendite negli Stati Uniti e in Europa è aumentato tra l’80% e il 100% dal 2019. Da allora il mercato si aspettava l’effetto Cina, visto che la spesa cinese per il lusso è inferiore ai livelli del 2019, a fronte di un appiattimento della spesa in Europa e negli Stati Uniti. Ma non è andata così. Almeno finora, fotografa Niall Gallagher, Investment Director di GAM. «Il settore continua a essere sostenuto a medio e lungo termine, grazie alla sua esposizione all’Asia, alla tendenza della Generazione Z a “comprare meno, comprare meglio” e al numero crescente di milionari e miliardari che daranno impulso al settore», spiega l’esperto. Non solo il settore ha registrato una forte crescita delle vendite, ma anche i margini di profitto sono ai massimi storici. Prendiamo i margini di profitto della francese LVMH, hanno raggiunto il 26% di Ebit, il massimo storico. «E considerati gli elevati ricavi e i margini di profitto, ci aspettiamo che la crescita si attenui nel breve periodo, trattandosi di un settore ciclico», aggiunge l’esperto di GAM. Questo dicono anche i numeri storici. Per esempio, in termini di valutazioni, il rapporto prezzo/utile di LVMH, un barometro per il settore del lusso, rispetto al mercato europeo è stato scambiato con un premio del 35-40% tra il 2001 e il 2019. Un bonus salito al 120% nel 2021. E quest’anno sceso al 63%, più basso di prima ma ancora capace di esprimere una valutazione relativamente elevata rispetto allo storico. Ora si vedrà, ma anche se «la nostra visione a lungo termine sul settore è positiva, dobbiamo tenere conto dei fondamentali a breve termine e delle valutazioni», avverte Gallagher. Quanto al mercato Made in Italy, il fatturato della moda italiana supera i cento miliardi, con sessantamila aziende che danno lavoro a oltre mezzo milione di persone.