Scialpinisti morti, la tragedia della famiglia: cinque vittime, 21 anni il più giovane. «Morti assiderati»

I familiari, di un'età compresa tra i 21 e i 58 anni, erano partiti sabato mattina da Zermatt, ai piedi del Cervino svizzero, in direzione della località Arolla, contando di concludere il giro in poche ore. Le condizioni meteo, inizialmente stabili, sono drasticamente peggiorate all'improvviso

La tragedia dei 5 alpinisti morti congelati. Inutile il tentativo di salvarsi in una buca scavata nella neve
La tragedia dei 5 alpinisti morti congelati. Inutile il tentativo di salvarsi in una buca scavata nella neve
di Federica Zaniboni
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Martedì 12 Marzo 2024, 09:25

Quando la tempesta di neve li ha sorpresi, si trovavano a 3.500 metri di quota. Proseguire era impossibile e in poco tempo hanno perso il senso dell'orientamento. Cinque scialpinisti sono morti congelati sulle Alpi Svizzere, a 600 metri in linea d'aria dal confine italiano, dopo essere rimasti intrappolati nella bufera sabato scorso. Fino all'ultimo, hanno tentato di salvarsi, cercando anche di scavare una buca nella quale mettersi al riparo. Ma le temperature erano troppo rigide e non c'è stato nulla da fare.

Risulta ancora dispersa una sesta persona del gruppo, composto interamente da membri della stessa famiglia: tre fratelli, un cugino, uno zio e la compagna di uno di loro. Tra questi, anche il 30enne Jean Vincent Moix, eletto poche settimane fa come consigliere comunale di Vex, paesino del Canton Vallese, e il fratello David. Il sindaco Sébastien Menoud ha espresso vicinanza alle famiglie tramite alcune testate locali, sottolineando di avere «perso un collega» anche lui.

Cosa è successo

Quella che doveva essere una giornata di svago sui monti, come tante altre organizzate dal gruppo si è presto trasformata nella peggiore delle tragedie. I familiari, di un'età compresa tra i 21 e i 58 anni, erano partiti sabato mattina da Zermatt, ai piedi del Cervino svizzero, in direzione della località Arolla, contando di concludere il giro in poche ore. Le condizioni meteo, inizialmente stabili, sono drasticamente peggiorate all'improvviso. A lanciare l'allarme per primo, intorno alle 16, è stato un familiare che, non vedendoli tornare, ha allertato i soccorsi. Soltanto un'ora dopo, uno dei dispersi è riuscito a fare una telefonata al numero di emergenza, nonostante la bufera e il vento forte. Questa seconda allerta, nella quale è stata spiegata la situazione, ha permesso di localizzare gli scialpinisti sul colle della Tete Blanche e le ricerche hanno preso il via immediatamente.

Una prima squadra a piedi, partita in direzione dei dispersi, è stata costretta a tornare indietro a 3mila metri di quota, per via delle forti raffiche di vento e del pericolo valanghe. L'ipotesi, inizialmente, era che il gruppo potesse essersi riparato in un'area vicino al monte Cervino. Successivamente sono stati impiegati anche 11 elicotteri delle forze aree dell'esercito e oltre 35 uomini. Anche loro, però, la mattina dopo hanno dovuto desistere e interrompere le ricerche a causa del maltempo.

I corpi congelati delle cinque vittime sono stati trovati, tutti sparpagliati, domenica sera intorno alle 21.30, grazie a tre soccorritori e un agente di polizia che sono riusciti a raggiungere l'area nel tardo pomeriggio. «Abbiamo visto che avevano cercato di costruire una buca nella neve per proteggersi dal vento», ha spiegato il capo del soccorso dell'Air Zermatt, Anjan Truffer, sottolineando che «sono morti congelati in quota, disorientati».

Presi dal panico

La posizione dei cadaveri ha fatto pensare che potessero essere stati presi dal panico. Di certo, come ha osservato il comandante della polizia cantonale vallesana, Christian Varone, gli scialpinisti si sono trovati «in una situazione imprevista» alla quale non sono riusciti a far fronte. «Abbiamo lavorato 24 ore su 24 per tentare l'impossibile». Tutti e sei erano scialpinisti esperti e alcuni di loro si stavano anche allenando per la gara di scialpinismo "Patrouille del glaciers", una competizione organizzata dall'esercito svizzero che si svolge ad aprile sulle Alpi Pennine. «A volte, però ha concluso Varone , di fronte alla natura bisogna inchinarsi».
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