Vera Maggini, la pasionaria: «Io, mascotte dei compagni di mio fratello partigiano»

È membro del direttivo della sezione anconetana dell’Anpi

Vera Maggini, la pasionaria: «Io, mascotte dei compagni di mio fratello partigiano»
Vera Maggini, la pasionaria: «Io, mascotte dei compagni di mio fratello partigiano»
di Lucilla Niccolini
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Domenica 4 Febbraio 2024, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 06:54

Quando Vera Maggini venne alla luce, la vigilia di Natale del ‘44, la sorella Ardea, 22 anni di più, non sapeva capacitarsi. Dove avevano trovato, papà Romolo e mamma Vanda, il coraggio di mettere al mondo un altro figlio? Infuriava la guerra, un anno prima la famiglia aveva perso la primogenita Vera e poi, il 6 febbraio, Alessandro, partigiano, era stato fucilato, a vent’anni. «Per Ardea, la mia nascita fu uno choc». E una benedizione, per la famiglia: «Sono stata viziata d’amore, d’altro non si poteva». Romolo, operaio in un calzaturificio, portava la piccola Vera alla sezione del Pci, intitolata ad Alessandro, come pure la Salita del Pinocchio, su cui si affacciava. «Papà non mi raccontava mai di quel fratello eroe, che non avevo conosciuto. Ma mi prendeva in braccio per farmi baciare la sua foto, che illuminava la sezione. E lì io ero la mascotte, vezzeggiata da tutti». 

Le coccarde

Alle feste dell’Unità del dopoguerra, affollatissime alle Palombare, le facevano distribuire le coccarde rosse a chi arrivava. Un’infanzia lieta, ma funestata dalla prematura scomparsa del padre, nel ‘53. «Ero la luce degli occhi, per mia madre, e diventai la sua zattera di salvataggio». Quando, in quinta elementare, diagnosticano a Vera la tubercolosi, di cui era morto Romolo, attorno alla bambina si concentrano le cure della mamma e delle sorelle, Ardea, Licia e Mirella. «E di mio fratello Ennio, classe 1927, che fu per me un secondo padre. Fu lui, quando mi sposai, ad accompagnarmi in Comune». Ancora convalescente, Vera non poté sostenere l’esame d’ammissione alle scuole medie; s’iscrisse all’avviamento, per poi ripiegare sull'istituto per segretaria d'azienda, nonostante la passione per la scrittura. Fu assunta, dopo il diploma, all’agenzia marittima di Leone Belisario.

Il carteggio

Era da poco uscito un libro, che rievocava le gesta del fratello, eroe della Resistenza. Il capo, quando realizzò che Vera era sua sorella, le affidò da battere a macchina il carteggio che intratteneva con un camerata spagnolo. «Per dispetto? Comunque mi sentivo a disagio. Così, quando conobbi Zeus, mi licenziai». Il colpo di fulmine fu a piazza Cavour, dove un giorno la portò in macchina una compagna del corso di stenodattilografia, tenuto dalle sorelle Revelant, che lo conosceva e lo fermò. «Assomigliava a Mastroianni, Zeus, ancor più bello d’animo che d’aspetto».

Il matrimonio

Si sposano nel ‘64, e vanno ad abitare nel palazzo, appena costruito, della Standa, sul cavalcavia. «Lui era macchinista delle Ferrovie. Quando raccomandò al direttore, che abitava vicino a noi, la figlia di un amico, ci rimasi male. Quel posto avrebbe potuto essere mio. Ma non rimpiango niente». Era già nata la primogenita Alessandra, nel ‘67 sarebbe venuto il secondo figlio, Alessandro, un nome da perpetuare. Ed è quando il ragazzo cresce, diplomato geometra, che Vera decide di rimettersi a lavorare. «Il ruolo di casalinga mi andava stretto, e Sandro non aveva nessuna intenzione di frequentare l’università. Tardi avevo capito la sua dislessia, messa in guardia da una trasmissione alla radio, Chiamate Roma 3131». Vera gli suggerisce di imparare il mestiere da un fratello di Zeus, orologiaio in corso Stamira. «Allargammo così l’attività con l’oreficeria, affidata a me. Sandro seguiva lo zio, ma non era la sua strada. Così, dopo 15 anni, preferì un impiego alla Conerobus. E chiudemmo il negozio, con gran rimpianto dei clienti».

Le tessere

D’altra parte, Vera era già parecchio impegnata con l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, membro del direttivo della sezione anconetana. «Sorella di Alessandro, ero la mascotte, di nuovo, di tanti suoi antichi compagni. Mi invitavano alle cerimonie e alle rievocazioni, ai congressi nazionali». Alle Feste dell’Unità, cucinava; consegnava le tessere e i giornali casa per casa. E quando, quindici anni fa, due maestre delle scuole Maggini la chiamarono per illustrare agli scolari la figura del fratello Alessandro, non se lo fece dire due volte. «Guidati dalle insegnanti, scrivevano cose tanto belle, che decisi di istituire una borsa di studio. Martedì saranno con me a Ostra per commemorare Sandro che, raffigurato in un ritratto all'ingresso della scuola, è diventato per loro un supereroe. Com’era per me bambina».