La lite per gelosia, poi la violenza. El Ghaddassi in aula: «Ma non volevo uccidere Ilaria»

La lite per gelosia, poi la violenza. El Ghaddassi in aula: «Ma non volevo uccidere Ilaria»
La lite per gelosia, poi la violenza. El Ghaddassi in aula: «Ma non volevo uccidere Ilaria»
di Federica Serfilippi
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Mercoledì 27 Marzo 2024, 01:50 - Ultimo aggiornamento: 15:36

OSIMO «Quella sera ho picchiato Ilaria, ma non la volevo uccidere. La amavo con tutto il mio cuore». Si è difeso tra le lacrime e qualche «non ricordo» Tarik El Ghaddassi, il 42enne marocchino accusato di aver massacrato di botte la moglie, Ilaria Maiorano, la notte dell’11 ottobre del 2022. Il delitto, nella loro abitazione di Padiglione, dove c’erano anche le figliolette, di 7 e 9 anni, ore accolte in una casa-famiglia. 


I frammenti

Ieri, nel processo che lo vede imputato per omicidio volontario aggravato, il marocchino ha dato la sua versione dei fatti, ricostruendo i frame di quella notte: dal litigio «per motivi di gelosia», alla colluttazione con la 41enne («schiaffi e spinte») fino alla caduta dalle scale della donna.

Uno scenario del tutto inattendibile per la procura. «Ilaria si è alzata - ha detto l’imputato davanti alla Corte d’Assise - è andata in bagno a sciacquarsi perché perdeva sangue dal naso e si è chiusa nella cameretta delle bimbe». Il giorno seguente Tarik - dopo aver dormito in un’altra stanza - si è alzato, è andato al lavoro ma non vedendo le bimbe entrare a scuola si è spaventato ed è tornato a casa. «Ho sfondato la porta della cameretta - ha detto - e trovato Ilaria che non si muoveva. Le ha lanciato acqua addosso per farla riprendere, praticato il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. Poi ho capito che era morta, è stato uno choc». Prima dell’arrivo dei carabinieri e dei suoi parenti, il marocchino avrebbe lavato il corrimano delle scale (dove sarebbe caduta Ilaria) e poi il lavandino del bagno, dove la donna si era lavata. Il procuratore aggiunto Valentina D’Agostino gli ha fatto notare che il sangue in casa era ovunque, anche sul soffitto. «Non me lo spiego» ha detto l’imputato. «Il sangue sul materasso? Ilaria aveva il ciclo». «Perché - la domanda del procuratore - c’era una sedia con la gamba rotta?». Tarik: «Non lo so, forse era vecchia». Eppure, una delle due bambine avrebbe un ricordo ben preciso di quell’oggetto: la sedia sarebbe stata utilizzata dal marocchino per darla in faccia alla moglie. 

Le registrazioni

I tanti «non ricordo» sono arrivati quando il procuratore ha letto le intercettazioni delle conversazioni in carcere tra il 42enne e i suoi familiari. In una, lui avrebbe detto: «L’ho picchiata con i rubinetti che erano in garage». E ancora: «L’ho picchiata con la mano, ecco perché è gonfia». In un’altra, si sente dire: «Tarik, l’hai ammazzata di botte?». La risposta: «Zitta ci sono delle persone». Viene ripetuta quella che sembra essere una domanda. E lui: «Non parlare così, mi fai soffrire di più». Prima dell’imputato, difeso dall’avvocato Domenico Biasco, sono stati sentiti alcuni familiari del 42enne. In un’intercettazione un parente dice: «Pensavo l’avesse presa a bastonate, non che arrivasse a tanto». Le bimbe sono tutelate dagli avvocati Giulia Marinelli e Arianna Benni. Il fratello e la mamma di Ilaria dal legale Enrico Ciafardini. Si prosegue il 5 aprile. 

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