L’olivo è importante nel paesaggio marchigiano con piantoni storici isolati e oliveti specializzati, dalla costa fino alle pendici dei rilievi più interni. Secondo i dati ISTAT 2023, la superficie in produzione nelle Marche è di circa 9.500 ettari, ripartita nella provincia di Ancona (2.835), seguita da quella di Macerata (2.449), Ascoli Piceno (2.064), Fermo (1167) e Pesaro-Urbino (973). La produzione media di olive si aggira intorno a 200mila tonnellate, circa 2 tonnellate ad ettaro. Il professor Enrico Maria Lodolini del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Politecnica delle Marche sottolinea che l’olivicoltura marchigiana è caratterizzata da aziende di dimensioni medio-piccole di elevata qualità. Infatti, sono presenti un’Indicazione Geografica Protetta (IGP Marche) che interessa l’intera superficie regionale e due Denominazioni di Origine Protetta (DOP) rispettivamente per l’olio nella provincia di Pesaro (Cartoceto DOP) e per l’oliva da mensa a cavallo tra le provincie di Ascoli Piceno, Fermo e Teramo (Oliva Ascolana del Piceno DOP). Le Marche sono ricche di biodiversità (https://www.amap.marche.it/) con almeno 23 varietà autoctone di olivo, tra cui: Ascolana tenera, Coroncina, Mignola, Orbetana, Piantone di Falerone, Piantone di Mogliano, Raggia, Raggiola, Rosciola Colli Esini. L’olio di ciascuna varietà è caratteristico dal punto di vista analitico e sensoriale e oggi molte aziende marchigiane puntano sulla produzione di oli monovarietali, o di specifici blend, con caratteristiche sensoriali per valorizzare la biodiversità. Dal punto di vista climatico, le Marche rappresentano un territorio al limite per la coltivazione dell’olivo, trovandosi nel versante adriatico, più freddo rispetto a quello tirrenico. Negli ultimi anni, a causa di inverni sempre più miti, la coltivazione dell’olivo si sta estendendo verso nord e nelle zone interne. Questo aspetto è positivo, ma rappresenta anche una minaccia per il maggiore rischio di eventi climatici dannosi e imprevedibili. Solo per fare un esempio, negli ultimi due anni (2022 e 2023) sono stati registrati bruschi abbassamenti di temperatura verso la metà di aprile che hanno causato danni (disseccamento e caduta delle mignole) in tutto il centro Italia e in particolare nel versante Adriatico. Anche le piogge prolungate e i picchi di temperature molto elevati (sopra 30°) durante il periodo di fioritura sono pericolose per l’allegagione dei frutti, così come le grandinate e le “bolle” di calore estive (sopra i 35°) per l’inolizione e la qualità dei frutti. Nel 2023, la produzione è stata 50% in meno rispetto alla media. Questi eventi sembrano essere più frequenti negli ultimi anni e la loro imprevedibilità è resa ancora più complicata dalla eterogeneità del territorio Marchigiano e dalla particolare conformazione orografica (vallate trasversali e esposizioni diversificate dei versanti collinari) per cui le diverse zone risultano colpite in modo differente.
*Docente Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Politecnica delle Marche