Pesaro, caporalato e benzina sporca ai clienti: scattano arresti e sigilli a 4 distributori

Pesaro, caporalato e benzina sporca ai clienti: scattano arresti e sigilli a 4 distributori
Pesaro, caporalato e benzina sporca ai clienti: scattano arresti e sigilli a 4 distributori
di Luigi Benelli
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Mercoledì 7 Febbraio 2024, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 07:25

PESARO Pompe “bianche”, benzina “sporca” e dipendenti sfruttati. Gli uomini del comando provinciale della Guardia di finanza di Pesaro e dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Pesaro Urbino, Ancona e Macerata, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare personale, emessa dal gip del Tribunale di Pesaro, nei confronti di tre persone (due uomini e una donna, due sottoposte alla custodia cautelare in carcere, una agli arresti domiciliari), titolari e gestori di una rete nazionale di distributori stradali di carburante e al sequestro di quattro pompe di benzina, tutti in territorio marchigiano, per un valore stimato di oltre 2 milioni di euro. Si tratta di una 57enne pesarese, un 65enne e un 30enne di Caserta.

Nel dettaglio

L’impianto sequestrato a Pesaro è a Santa Maria dell’Arzilla, lungo Strada delle Grottaglie, mentre i sigilli agli altri tre distributori sono stati posti a Marzocca nel territorio di Senigallia, ad Ancona in via Scataglini nella zona industriale della Baraccola e e Monte San Giusto, in provincia di Macerata.

L’indagine prende il nome di “Manda foto”, perché ai dipendenti veniva chiesto di inviare l’immagine su WhatsApp della loro presenza al lavoro. Avviata nei primi mesi del 2023, l’inchiesta parte dalle risultanze di una verifica fiscale in materia di accise e delle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi, eseguita dai finanzieri ad un distributore delle “pompe bianche”, dette anche “no logo”, ossia distributori di carburante senza marchio, non appartenenti alle grandi compagnie petrolifere. A Pesaro era stato trovato un lavoratore “in nero” e rilevato palesi condizioni di sfruttamento nei confronti di alcuni dipendenti. Appostamenti, telecamere e intercettazioni telefoniche hanno permesso di ricostruire quanto accadeva nel dietro le quinte e individuare i presunti responsabili dei reati di caporalato, di estorsione, di truffa e degli illeciti penali in materia di immigrazione e di lavoro, principalmente individuati negli amministratori di un gruppo societario campano, operante nel settore della commercializzazione di carburanti e in un loro referente di zona, pesarese, con funzioni di “caporale”, attivo nel territorio umbro – marchigiano.

Gli accertamenti

Il Nil e le fiamme gialle hanno appurato che i dipendenti erano indotti, anche sotto minaccia, a svolgere massacranti turni di lavoro. Agli stessi non era consentito di fruire di riposi, di pause, di giorni festivi, di permessi e ferie. I lavoratori, inoltre, ogni mese erano costretti a richiedere ai propri “datori di lavoro”, in modo supplichevole, il pagamento dello stipendio, che veniva invece corrisposto a piacimento e ben al di sotto del salario minimo previsto dal contratto nazionale di categoria. Stranieri che erano costretti a vivere in sgabuzzini interni ai distributori stradali, in precarie condizioni igienico-sanitarie. Le attività tecniche hanno consentito di documentare numerosi episodi di caporalato e di estorsione avvenuti nei confronti di alcuni lavoratori, compiuti con azioni intimidatorie e vessatorie. Tra l’altro, i lavoratori erano obbligati ad attestare la loro presenza sul posto di lavoro attraverso foto e video. L’inosservanza a tale adempimento si traduceva per il lavoratore, nella migliore delle ipotesi, nella minaccia di sospensione dello stipendio o di licenziamento immediato e nei casi più gravi, in minacce di morte e di compromissione della incolumità personale dei lavoratori. Non solo. In più occasioni sono state intercettate conversazioni dove gli indagati davano indicazioni al personale addetto alla manutenzione dei distributori stradali sulle procedure da seguire per manomettere la corretta funzionalità degli impianti di erogazione o su come procedere alla mescola dei vari prodotti petroliferi. Ad esempio, i filtri troppo sporchi e intasati, non dovevano essere sostituiti ma forati. Se il carburante immesso in alcune cisterne non era qualitativamente buono, bastava miscelarlo con altra tipologia di carburante o prodotto.

Le perquisizioni

Per gli investigatori, manovre che testimoniano la volontarietà degli indagati nell’illecita immissione in commercio di prodotto “sporco”, non depurato da rimanenze e depositi, di scarsa qualità e capace di procurare danni irreversibili al motore e, conseguentemente, economici agli inconsapevoli utenti. Contestualmente ai sequestri e agli arresti sono state eseguite numerose perquisizioni nelle case e uffici a Pesaro, Terre Roveresche, Caserta, Marcianise, Milano e Sperlonga.

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