PESARO Le diceva che l’avrebbe uccisa quella stessa sera, tanto poi avrebbe passato solo «ventiquattro ore in galera». Ieri la sentenza per il caso di un 28enne di origini marocchine accusato di atti persecutori nei confronti della ex compagna, 25enne, entrambi residenti a Pesaro. Il giudice monocratico ha condannato l’uomo. Ma procediamo con ordine.
La coppia stava insieme e ha avuto un figlio. Poi l’unione si è deteriorata con il giovane che aveva iniziato a mandare messaggi di questo tenore: con una serie di messaggi come: «Sono pericoloso, non prendermi in giro». E ancora: «Ti insegno l’educazione, te la faccio pagare. Sfondo la porta, entro in casa e inizio a fare da matto». Messaggi e minacce che hanno generato ansia e paura nella vittima e hanno portato la ex a raccontare tutto alle forze dell’ordine, tanto che il questore aveva emesso un ammonimento nei confronti dell’uomo. Dopo la fine della relazione lui le avrebbe anche mandato delle foto che ritraevano lei in compagnia di un’altra persona.
«No, si è attivato solo quando lei non faceva vedere il figlio»
Il legale ha sostenuto la tesi dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza (solo verbale) e minaccia alla persona. Lui si sarebbe “attivato” solo quando la ex non gli faceva vedere il figlio. La giovane si è costituita parte civile e ha chiesto 5000 euro di risarcimento tramite l’avvocato Andrea Dionigi. Il pm ha chiesto un anno di condanna, il giudice lo ha condannato a 1 anno e 8 mesi oltre al risarcimento di 3000 euro.