Oseghale, ricorso in Cassazione dei legali. «Appello bis? Quella sentenza è illogica»

Oseghale, ricorso in Cassazione dei legali. «Appello bis? Quella sentenza è illogica»
Oseghale, ricorso in Cassazione dei legali. «Appello bis? Quella sentenza è illogica»
di Benedetta Lombo
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Mercoledì 4 Ottobre 2023, 05:10 - Ultimo aggiornamento: 14:18

MACERATA - «La sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Perugia è illogica», i difensori di Innocent Oseghale hanno presentato il ricorso in Cassazione e ora attendono la fissazione dell’udienza. Il lungo e complesso iter giudiziario sul caso dell’omicidio di Pamela Mastropietro dunque non è ancora concluso, i difensori del nigeriano 35enne, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, hanno deciso di impugnare la sentenza dell’Appello bis depositata a maggio scorso e tornare per la seconda volta in Cassazione.

«In base alle risultanze istruttorie è illogico concludere come ha concluso la Corte - ha dichiarato l’avvocato Matraxia –. I giudici hanno voluto risentire due testimoni, uno ha detto che la ragazza gli aveva chiesto di usare il preservativo, l’altro ha detto che lei non glielo aveva chiesto. Riteniamo che sulla base di queste due dichiarazioni non si possa concludere che la ragazza pretendeva sempre di usare il preservativo».
Oseghale in primo e secondo grado era stato condannato all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi per l’omicidio aggravato dalla violenza sessuale della 18enne romana e per gli altri reati contestati (vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere).

Nei primi mesi del 2021, dopo il deposito delle motivazioni, i suoi difensori impugnarono la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Ancona e a febbraio 2022 la questione finì all’attenzione dei giudici della Prima Sezione penale della Corte di Cassazione che confermarono la responsabilità dell’extracomunitario nell’omicidio di Pamela Mastropietro, ma rinviarono gli atti alla Corte d’Assise d’Appello di Perugia affinché si pronunciasse sulla sussistenza o meno dell’aggravante della violenza sessuale (una questione non da poco per Oseghale che avrebbe fatto la differenza tra una condanna all’ergastolo o meno).

Ma qual era la questione da affrontare? Si era creata una contraddittorietà di fondo.

Per i giudici di primo grado ci sarebbe stato un approfittamento: Pamela non sarebbe stata in grado di esprimere un eventuale consenso al rapporto sessuale perché questo sarebbe avvenuto dopo che la 18enne aveva assunto la dose di eroina e perché la giovanissima soffriva di patologie pregresse. Per i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Ancona, invece, a prevalere sarebbe stata la costrizione: la violenza si sarebbe consumata dopo il rifiuto di Pamela ad avere un rapporto non protetto per poi però riprendere la circostanza della condizione di menomazione psichica della ragazza.


Chiamati dagli ermellini a decidere sul punto, i giudici perugini disposero un’integrazione dell’istruttoria dibattimentale ritenendo necessario sentire due testimoni, i due uomini con cui Pamela aveva avuto dei rapporti sessuali il giorno prima di essere uccisa da Oseghale (il 30 gennaio 2018). Così sulla base delle loro dichiarazioni il 22 febbraio scorso confermarono la sussistenza dell’aggravante della violenza sessuale. Come erano arrivati a questa conclusione? Adottando un approccio “dinamico”: a loro avviso ci sarebbe stata prima una costrizione e poi un approfittamento. Oseghale, pretendendo di consumare un rapporto non protetto avrebbe prima percosso la 18enne, poi al progressivo manifestarsi degli effetti dello stupefacente appena assunto avrebbe approfittato sessualmente della ragazza.

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