Il carciofo, mon amour. Quello con le uova strapazzate, è il piatto più antico

Sono lustri che Antonio Bedini del Presidio Slow Food si dedica a quello di Montelupone

Il carciofo, mon amour
Il carciofo, mon amour
di Véronique Angeletti
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Sabato 9 Marzo 2024, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 11:37

Un fulmine di riguardo, Zeus l’ha sicuramente avuto per Montis Luponis. Lo si vede dal suo tipico carciofo, oggi Presidio Slow Food. È viola sì e con striature verdi, quindi, come tutti gli altri carciofi ricorda gli occhi della ninfa Cynara. 

Lo scarciofeno

Per colpa del suo carattere volubile e capriccioso, fece così ingelosire Zeus da essere trasformata in un ortaggio e legherà il suo nome per sempre al carciofo spinoso ma dal cuore dolce. Con la differenza, che quello che cresce a Montelupone, lo “scarciofeno”, pianta spontanea scoperta dai monaci benedettini dell’Abbazia di San Firmano già dal 1005, è più piccolo, non è peloso, ha meno spine - simbolo delle pene che il dio patì - e meno tannini. Pertanto, è meno amaro ed è forse l'unico carciofo che si può mangiare crudo. Sono lustri che Antonio Bedini, alla guida del Presidio Slow Food, si dedica al compito di liberare tutto il suo sapore meraviglioso e complesso. In paese, nella Taverna dell’Artista lo declina in mille e une ricette. Fritti, trifolati, in padella. In frittata la ricetta è la più antica in assoluto. Ma all’italiana, ossia con le uova strapazzate: «Perché l’omelette - avverte lo chef - lasciamola ai francesi». Tantissime le sue specialità frutto di lustri di studi. Spicca tuttavia il carpaccio, piatto impossibile con i soliti “spinosi” ma vincente con il carciofo di Montelupone. «Va tagliato sottile in julienne servito con olio evo, sale e scaglie di parmigiano» spiega Bedini che, sulla sua carbonara, tuttavia tace. Saltati in padella, i carciofi sono il croccante della ricetta. Come rimane muto sull'oliva all’ascolana ovviamente farcita di carciofi.

Tanti i piatti intriganti, come i cannelloni ripieni di salsa di carciofo e le tante varianti nei risotti. Normale considerando che il locale è una risotteria.

In cartoccio

Merita un pensiero quello in cartoccio. «È fatto – chiosa lo chef - con del prosciutto crudo Dop di Carpegna con dentro un risotto fatto con la crema di carciofi che cela un cuore di carciofo intero cotto». E per chiudere il pasto, tanto per completare la verticale, non poteva mancare lo strudel sempre di carciofo. In un'Italia considerata la patria del "Cynara cardunculus scolymus" perché siamo i maggiori produttori al mondo, vantiamo ortaggi di qualità e, forti di 90 varietà, una biodiversità impareggiabile, le Marche, benché non abbia carciofi Dop o Igp, si è ricavata una nicchia. Questo perché il fiore di cardo, nella perdita stimata dell’85% delle varietà locali di ortaggi sostituite con varietà di alto rendimento durante gli ultimi cento anni, è tra le risorse che, per rusticità e resistenza naturale a malattie, hanno continuato a crescere a margine di orti e campi ed oggi, per merito di appassionati, dell'agenzia regionale Amap, di agricoltori custodi e associazioni come Slow Food sono di nuovo sulle nostre tavole. Come il Violetto di Pesaro, il Precoce di Jesi, il Carciofo di Urbania, o quello di Ascoli.

La rete

La rete di agricoltori Slow Food produce circa 700mila carciofi all’anno, un milione con quelli dei Comuni vicini. La stagione promette bene. A Montelupone, il carciofo è pretesto per visite guidate ambientali e culturali attraverso racconti di territori nelle carciofaie, nelle grotte, nel borgo medievale.

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