Benjamin Stevenson: «La regola numero uno del giallo perfetto è strappare un sorriso»

Esce il nuovo romanzo dello scrittore e stand-up comedian australiano, "Tutti su questo treno sono sospetti"

Benjamin Stevenson: «La regola numero uno del giallo perfetto è strappare un sorriso»
Benjamin Stevenson: «La regola numero uno del giallo perfetto è strappare un sorriso»
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Lunedì 19 Febbraio 2024, 18:21

«Ebbene sì, mi sono rimesso a scrivere. Una buona notizia, presumo, per quelli che speravano in un secondo libro. Meno per chi ha dovuto morire per fornirmi una trama». Benjamin Stevenson è la nuova stella del giallo australiano, un caso unico di humour anglosassone e creatività, in un genere non facile da innovare. Il suo primo romanzo, Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno, ambientato in un resort in montagna, era una rivisitazione in chiave umoristica dei classici, Agatha Christie e Arthur Conan Doyle. Il secondo romanzo, con lo stesso protagonista Ernest Cunningham, Tutti su questo treno sono sospetti (attualmente nella top ten dei libri più venduti in Italia) è un chiaro omaggio ad Assassinio sull'Orient Express, però ambientato nell'outback australiano. A bordo del celebre The Ghan, il treno che taglia in due il continente da Adelaide a Darwin, un gruppo di giallisti viaggia in direzione di un festival letterario. Un vero invito a nozze per Cunningham, che ritrova l'estro di scrivere soltanto quando ci scappa il morto.


Mr Stevenson, lei è un esempio pressoché unico di stand-up comedian, agente letterario e scrittore di successo. Si confonde mai?
«Ah certo, si tratta di carriere davvero diverse, che trovo allo stesso modo eccitanti. Per esempio, se scrivo battute per i miei spettacoli comici, e mi ritrovo con il blocco dello scrittore, accendo il laptop, apro il romanzo che sto scrivendo, e uccido un po' di gente, per sfogarmi un po'».


Ma come agente, per chi lavora?
«A dire il vero, mi sono dimesso da questo ruolo proprio questa settimana, per poter scrivere a tempo pieno».


È meglio essere un romanziere o un comico?
«Mi piacciono entrambi i ruoli. Essere uno scrittore ti permette di perfezionare un testo e di mandarlo ai lettori, che hanno tutti le loro esperienze e i loro gusti letterari personali. Essere un attore comico, invece, vuol dire ritrovarsi tutti insieme nella stessa stanza, e condividere istantaneamente le reazioni, le risate. È questa la differenza principale».


Perché rivisitare in questo secondo romanzo un celebre caso di Hercule Poirot, trasferito a bordo di un treno australiano carico di scrittori?
«Volevo rendere omaggio alla grande età dell'oro dei romanzi gialli, di cui Assassinio sull'Orient Express è un caposaldo, un capolavoro assoluto. Ma volevo farlo in una maniera nuova, fresca e moderna. È un omaggio, non certo una riscrittura. L'outback australiano è così affascinante che meritava un'ambientazione letteraria, e il treno Ghan si spinge proprio nel cuore rosso di questo deserto. Mi sembrava perfetto».


Il problema che incontra il suo protagonista, Ernest Cunningham, è che il suo editore gli ha chiesto un sequel del suo romanzo di successo (così come è successo a lei), ma c'è un problema: lui riesce a scrivere solo in presenza di reali omicidi. Come può cavarsela?
«Esattamente, Ernest è alla ricerca disperata di ispirazione, cerca di costruire un intreccio.

Quando un cadavere atterra, letteralmente, ai suoi piedi, si mette subito alla ricerca dell'assassino, perché questa sarebbe la storia ideale del suo prossimo libro».


Lei descrive con ironia le regole del giallo perfetto. Ha dei consigli da dare a uno scrittore?
«La regola più importante è semplice: il gioco deve essere leale. Il lettore deve sempre essere in grado di risolvere da solo il mistero che viene proposto. E l'autore deve sempre fornire tutti gli indizi e le informazioni utili a identificare l'assassino. Non ci devono mai essere dei gemelli identici, a meno che non ne siamo informati sin dall'inizio della storia. E, soprattutto, niente fantasmi».


Peraltro, lei ha un gemello con cui fa spettacoli, ma ne eravamo stati informati. E scrive con ironia anche del mondo della letteratura. È così divertente, in Australia?
«Gli scrittori sono le persone più affabili e gentili che possiamo incontrare, così come gli editori e gli agenti letterari. Per questo non direi che questo romanzo sia molto rappresentativo della realtà australiana. Naturalmente, io devo sottolineare certe caratteristiche, mentre racconto i sospetti di un caso di omicidio, e quindi di certo la mia è una versione esagerata dell'editoria. Tuttavia molti scrittori riconoscerebbero con imbarazzo certe conversazioni che avvengono nel libro, anche alcune piuttosto squallide».


Il suo primo romanzo sta per diventare una serie tv prodotta dalla Hbo. Ci può anticipare il cast, e quando uscirà?
«Lo farei volentieri, se soltanto lo sapessi. È tutto molto eccitante, ma non abbiamo ancora una lista di attori pronta».


Il suo ultimo libro ricorda nell'ambientazione un vecchio film, "Priscilla - La regina del deserto". C'è speranza di vederlo trasposto al cinema?
«Lo spero. Credo che questo romanzo sia particolarmente adatto per diventare un film per il grande schermo».


Cosa pensa della vittoria di Jannik Sinner agli Australian Open?
«Amo il tennis. Sinner (che ieri ha rivinto a Rotterdam, ndr) ha giocato un torneo favoloso e la finale è stata particolarmente avvincente: che grandissima rimonta! Mi piace che ci sia una nuova guardia di giovani giocatori, che combattono per il titolo. Chissà, forse potrei ambientare il mio prossimo libro in un torneo di tennis?»

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