Nell’articolo di fondo di lunedì scorso il collega Michele Germani ha richiamato l’importanza degli incubatori per lo sviluppo delle start-up innovative. Il fenomeno delle start-up innovative e degli incubatori era rilevante negli USA già negli anni ‘80 del secolo scorso ed è esploso con le dot.com, cioè le imprese che sfruttavano l’iniziale diffusione di Internet fra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo. In quel periodo anche la UE aveva lanciato diversi programmi su questo fronte, alcuni dei quali erano arrivati fino alle nostre latitudini.
Qualcuno ricorderà l’esperienza dei BIC (Business Innovation Center) che nel nostro paese si è tradotta soprattutto in operazioni immobiliari mentre, come ricorda Michele Germani, le risorse fondamentali per lo sviluppo delle start-up sono idee, relazioni e capitali. Fallita l’esperienza dei BIC abbiamo dovuto attendere il 2012 e l’impulso dato dall’allora ministro allo sviluppo economico Corrado Passera. Venne costituita un’apposita task force presso il ministero dalla quale scaturì un rapporto, Restart Italia, che evidenziava l’importanza di sostenere l’avvio e lo sviluppo delle start-up innovative.
La declinazione concreta di quel rapporto si è avuta con il decreto legge n. 179 dell’ottobre 2012 che ha istituito la sezione speciale del registro imprese per le start-up innovative e il registro degli incubatori certificati. Possono iscriversi al registro delle start-up innovative le società di capitali neo-costituite e con una chiara connotazione tecnologica. Questa connotazione è dedotta da alcuni requisiti: un elevato livello di spesa in ricerca e sviluppo; l’impiego di dottori di ricerca e laureati magistrali; il possesso di brevetti o altri titoli di proprietà intellettuale. A fronte di questi requisiti le start-up innovative godono di alcune agevolazioni di tipo fiscale e amministrativo che ne facilitano l’avvio e il primo sviluppo. Anche gli incubatori per essere certificati debbono soddisfare alcuni requisiti che ne attestano l’effettiva capacità di erogare servizi alle start-up incubate.
A fine 2023 nelle Marche risultavano iscritte al registro delle start-up innovative 285 imprese.
Affinché possano assolvere questa funzione le start-up innovative hanno però bisogno di un contesto particolare, popolato di operatori come incubatori e società di venture capital, in grado di sostenerne la crescita. In particolare, la possibilità di raccogliere capitale di rischio è essenziale date le caratteristiche peculiari di queste società. Si tratta, infatti, di imprese costituite da giovani con elevate competenze tecnologiche ma con scarsa esperienza dal punto di vista manageriale. Nello stesso tempo, sono imprese che si cimentano in attività che possono richiedono investimenti ingenti per la messa a punto dei prodotti e la penetrazione dei mercati.
La possibilità di raccogliere capitale di rischio è fondamentale ed è al momento l’anello debole del sistema italiano e ancor più di quello regionale. Il sistema finanziario italiano è un sistema fortemente centrato sulle banche e sul credito, dal momento che le nostre imprese sono culturalmente restie ad aprire la proprietà per raccogliere capitale di rischio. Il mercato del capitale di rischio è un mercato molto poco sviluppato nel nostro paese e che solo da pochi anni ha raggiunto valori significativi, anche per la funzione di traino delle start-up innovative. È un ambito nel quale abbiamo accumulato qualche decennio di ritardo e che dopo diverse false partenze sembra finalmente mostrare una crescita promettente, anche nella nostra regione.
* Docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche e coordinatore della Fondazione Merloni