Jesi, «Fai la fine di Pamela» e prende
a pugni la compagna: condannato

Jesi, «Fai la fine di Pamela» e prende a pugni la compagna: condannato
di Benedetta Lombo
2 Minuti di Lettura
Sabato 11 Maggio 2019, 05:20
JESI - «Farai la fine di Pamela», e poi i pugni, sferrati in pieno volto, gli schiaffi e le urla. È stato condannato a due anni e mezzo di reclusione un trentenne di origine calabrese accusato di maltrattamenti, lesioni e sequestro di persona. Un giorno per un calzino bucato aveva tirato un pugno in pieno viso alla compagna, una jesina di 35 anni, rompendole il naso. Ma quello era stato solo un singolo episodio di violenza in un incubo durato quasi due anni. I primi episodi denunciati dalla giovane risalgono ad agosto 2016, l’ultimo è del 18 marzo 2018, una data che la donna difficilmente dimenticherà.
  
Quel giorno il compagno l’aveva accusata di essere strana, in realtà era solo raffreddata. Lui, non credendo alle sue parole aveva iniziato a colpirla con schiaffi e pugni poi, dopo la violenza, era uscito di casa chiudendo la porta a chiave e, di fatto, sequestrandola fino al momento del suo ritorno. Rientrato dopo pranzo lei aveva reagito. O almeno aveva tentato. Il tempo di dirgli che quei comportamenti non li sopportava più e si è vista sferrare due pugni in faccia.
Con un labbro sanguinante e la paura che la violenza potesse continuare era rimasta in silenzio. La sera, per farlo calmare, gli aveva proposto di fare una passeggiata insieme, ma la calma era durata quanto un battito d’ali. Qualcosa era andato storto e lui aveva ripreso a colpirla, questa volta con uno schiaffo su un occhio e una minaccia: «Farai la fine di Pamela». Una minaccia, un’allusione agghiacciante, un mese mezzo prima Pamela Mastropietro era stata fatta a pezzi. Dopo quell’avvertimento, con le chiavi dell’auto strette in una mano l’aveva di nuovo colpita in faccia. La 35enne era finita in ospedale, per lei 30 giorni di prognosi. Da quell’episodio di brutale violenza era emerso tutto quello che era accaduto prima. La donna aveva raccontato che da settembre 2017 quando avevano ripreso la convivenza a Macerata lui aveva preteso che lasciasse il lavoro, le aveva imposto di vendere i cellulari per non avere contatti con i genitori che vivevano a Jesi, voleva che mangiasse molto per ingrassare e le consentiva di fare la doccia solo una volta a settimana. Ieri l’epilogo del procedimento di primo grado in Tribunale a Macerata. Il pm Francesca D’Arienzo ha chiesto la condanna a quattro anni e otto mesi di reclusione. Il giudice Francesca Preziosi ha concesso le attenuanti generiche (equivalenti alla recidiva e alle aggravanti) all’uomo, difeso dall’avvocato Felice Franchi, e lo ha condannato a due anni e sei mesi di reclusione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA