ANCONA Un nulla di fatto. Tra assoluzioni e non luogo a procedere è terminato ieri il procedimento incardinato dalla procura contro 6 dipendenti (alcuni dei quali ex) della Conerobus. Dovevano rispondere di peculato per aver - questo sosteneva l’accusa - stampato e rivenduto senza il permesso dell’azienda di trasporto pubblico i carnet dei biglietti, intascandosi i soldi.
In aula
Il gup Francesca De Palma ha decretato l’assoluzione per due indagati che procedevano con l’abbreviato.
Patteggiamento
Per il collega jesino è arrivato il patteggiamento: un anno e dieci mesi, pena sospesa. Ha risarcito il danno conteggiato da Conerobus: poco meno di 8mila euro. Di 17mila euro, invece, il danno che l’azienda ha contestato alla tabaccaia anconetana, la quale è accusata di aver eseguito, tra il 2015 e il 2021, 1.878 operazioni di ristampa.
Come era nata l’inchiesta della procura? Da una segnalazione. Un passeggero si era accorto di avere due biglietti con la stessa identica matrice. Un particolare che aveva innescato il sospetto che in circolazione ci fossero dei “doppioni” e quindi dei “furbetti” dei biglietti. In via generale, i fatti prendevano in considerazione un lasso di tempo compreso tra il 2014 e il 2021. Per i dipendenti, il danno contestato andava da un minimo di 268 euro a un massimo di 6.900 euro. Conerobus è stata rappresentata dall’avvocato Alessandro Lucchetti, gli indagati sono stati difesi, tra gli altri, dai legali Gaetano Papa, Elisa Pavoni, Stefano Mengucci, Roberto Marini e Gianni Marasca.