Referendum, colpo a Berlusconi
Maroni: ora servono scelte coraggiose

La festa dopo il trionfo dei si'
La festa dopo il trionfo dei si'
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Martedì 14 Giugno 2011, 09:17 - Ultimo aggiornamento: 11 Luglio, 16:04
ROMA - Dopo la valanga di s arrivata nei referendum, nuovo pesante colpo per il premier silvio Berlusconi, la Lega avverte il governo.



«Mio nonna diceva che uno sberlone fa male ma a volte ti fa rinsavire, prendere coscienza e aprire gli occhi», ha detto il ministro Roberto Maroni replicando a chi gli chiedeva se il ceffone ricevuto ieri con l'esito del referendum possa frenare il cammino delle riforme. «Soprattutto - ha aggiunto Maroni - come diceva ieri Calderoli, non vogliamo, dopo due sberle, che si realizzi il proverbio: non c'è due senza tre».



«Un Governo politico deve avere il coraggio di fare scelte popolari o impopolari, ma scelte che vanno nelle direzione giusta. Confermo la mia convinzione che questo sia il modo migliore per uscire da questa situazione difficile per noi», ha detto il ministro. «Ci sono dei momenti - ha continuato Maroni - in cui bisogna continuare a fare e accelerare sul terreno del fare, anche perché abbiamo preso degli impegni con gli elettori nel 2008, uno di questi è la riforma fiscale».



Il ministro ha elencato i primi due punti da affrontare per dare una svolta. «Nel programma di governo - ha spiegato - il primo punto era un fisco per le imprese, il secondo un fisco per la famiglia. Quindi questo è il momento di fare le cose, perché ci sono difficoltà, c'è la crisi economica e oltre alla prudenza ci vuole coraggio». Maroni ha quindi concluso il suo ragionamento ribadendo l'auspicio già formulato negli ultimi giorni: «Spero davvero che si metta mano alla categoria del coraggio».



La vittoria schiacciante del "sì" (95%). Gli italiani hanno risposto in oltre 27 milionimila, oltre il 57% degli elettori, rendendo ininfluente l'affluenza all'estero (23,07%%) e decretando la validità di tutti e quattro i quesiti referendari che cancellano le norme su servizi pubblici locali, gestione dell'acqua, energia nucleare e legittimo impedimento. Erano 16 anni che non si raggiungeva un quorum a un referendum (54,81% il dato finale e definitivo tra Italia ed estero). E nelle piazze è subito esplosa la festa dei referendari.



Per il premier, che aveva invitato gli italiani a non andare alle urne, dopo la batosta delle amministrative, è un altro pesante colpo. «La volontà dei cittadini è chiara e non può essere ignorata», ha affermato ieri il premier in una nota, aggiungendo che «il Governo e il Parlamento hanno ora il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum». «Dovremo dire addio al nucleare e puntare sulle energie alternative», aveva già annunciato Berlusconi a urne ancora aperte.



Dalle opposizioni si chiede a gran voce che il governo se ne vada, ma il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, ha una diversa opinione e ritiene una strumentalizzazione politica chiedere le dimissioni dell'esecutivo. Il Pd ieri è tornato a invocare le dimissioni del presidente del Consiglio. «Questo è stato un referendum sul divorzio tra il governo e il Paese», ha detto il segretario, Pier Luigi Bersani. «A questo punto si dimettano e aprano una situazione nuova, passando la mano al Quirinale», ha aggiunto.



Il leader dell'Udc, Pier ferdinando Casini, chiede di andare subito al voto. Il risultato del referendum indica che «c'è una grande voglia di cambiamento nel paese. Compito delle forze di opposizione è costruire un'alternativa», ha detto oggi Casini. «Dire no a Berlusconi», secondo il leader dll'Udc, «non basta». Bisogna quindi «fare passo avanti». «Noi lavoriamo a programmi per cambiare l'Italia», ha continuato Casini. Il Terzo polo «lavora per un'alternativa che governi, non per mettere insieme chi è contro Berlusconi». Casini ha escluso poi l'ipotesi di tornare nel centro-destra, quando il presidente del Consiglio ne lascerà la leadership: «Non è nel novero delle possibilità», ha tagliato corto.



«Gli elettori hanno voluto dare un'altra botta al centrodestra. Non sono un medico pietoso che porta il malato ad una lenta agonia, noi leader del centrodestra facciamo bene a considerare il segnale che gli elettori ci hanno dato», ha commentato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni.



La valanga dei sì nel dettaglio. Oltre 20 milioni di elettori (95,35%) hanno detto sì alla cancellazione della norma sull'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali (poco più di un milione, pari al 4,65%, i no).



Il sì ha sfondato quota 26 milioni (oltre il 95%) al referendum sulle tariffe dell'acqua, mentre i no sono stati di poco superiori al milione (4,20%).



All'abrogazione delle norme che consentono la produzione nel territorio di energia elettrica nucleare hanno detto sì oltre 25 milioni di italiani (94,05% dei votanti), mentre i no sono stati circa un milione 600 mila (5,95%).



Infine, il legittimo impedimento del premier e dei ministri a comparire nei processi penali. Gli italiani hanno spazzato via anche quella parte dello scudo che era stata salvata dalla sentenza della Corte Costituzionale. Si torna così alla norma prevista dal codice di procedura penale uguale per tutti i cittadini: lo hanno deciso, con il sì all'abrogazione dello scudo, oltre 25 milioni di italiani (94,6% dei votanti), contro il milione 400 mila (5,38%) che ha votato no.




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