L'amore cantato dal Belli a Morrovalle
in quel paese con la forma di un cuore

L'amore cantato dal Belli a Morrovalle in quel paese con la forma di un cuore
di Lucilla Niccolini
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Mercoledì 20 Giugno 2018, 16:38
Se Giuseppe Gioachino Belli ha scelto “Più ppe la Marca annamo, più marchiscian trovamo” come titolo d’un sonetto satirico sulla casta papalina, ci piace credere che le sue frequentazioni marchigiane abbiano lasciato un ricordo indelebile. Soggiornò più volte nelle Marche, ritrovandovi salute e buonumore. Risiedeva a Morrovalle, ospite a Palazzo Roberti, che troneggia al centro del paese dalla forma di un cuore. E davvero il suo batteva: per Vincenza, la bella e intelligente padrona di casa, la “Sora Cencia”. L’aveva conosciuta a Roma, era amica della moglie Mariuccia Conti, e lui l’aveva guidata alla visita dei monumenti della Capitale. A lei aveva dedicato il “Canzoniere amoroso”, e ne godette l’amicizia anche dopo che, sposata al conte medico Pirro Perozzi, divenne madre di Matilde.


 
Il libro
Il recente romanzo “Giuditta da Morrovalle” (Ed. affinità elettive), firmato dallo studioso Manlio Baleani, racconta con l’ausilio della fantasia le vicende marchigiane del poeta. Fa venir voglia di tornare a Morrovalle, a respirare quell’atmosfera impregnata di saggezza contadina e nobile orgoglio che pervade il libro. Parte dalla piazza del Comune, corroborati da un caffè all’ombra della Torre civica, il nostro pellegrinaggio letterario: da Palazzo Lazzarini dove, sulle pagine del romanzo, è stato allevato il paggio Angiolino, primo amore di Giuditta. Passeggeremo fino alla facciata austera di Palazzo Roberti, dai massicci decori architettonici a bugnato. Qui l’immaginazione del Baleani situa l’amore ancillare tra il Belli e Giuditta, la bella contadina, balia di Matildina. Insieme alle altre fantesche s’allungava a lavare i panni alla Fonte Maxima, dove l’acqua da secoli sgorga dal colle su cui sorge il borgo. La frescura di questo posto incantato non distolga dalla visita, subito fuori dell’abitato, del convento di San Francesco, dove dal 27 giugno si accende il caleidoscopio di musica e spettacolo del Fool Festival.
 
Come arrivare
Dall’A14 si esce a Macerata/Civitanova, e si prende la superstrada SS 77 in direzione di Tolentino/Macerata. All’uscita di Morrovalle, si prosegue in direzione Macerata e, attraversata la frazione di Trodica, si continua seguendo le indicazioni.
Info www.comune.morrovalle.mc.it
 
Il santuario
Poco lontano dalla porta di San Bernardino ecco il santuario della Madonna dell’Acqua Santa che è legato al miracolo della guarigione di lebbrosi che si bagnarono nell’acqua che sgorgava lì accanto. Ora la struttura ospita la tomba del patriota risorgimentale Saverio Grisei. Sicuramente un posto da visitare.


 
Nel paese dei mille presepi il Museo Internazionale
Chiamano Morrovalle il “Paese dei mille presepi” perché ospita il Museo Internazionale del Presepe, allestito in sei sale del seicentesco Palazzo Vicoli Nada, già Convento dei Padri Agostiniani, dove visse la scrittrice crepuscolare Lalla Nada, amica di Gabriele D’Annunzio. Nasce dalla collezione di don Eugenio De Angelis, che con alcuni amici ha incominciato a raccogliere vari presepi: oggi sono oltre 800, creati con i più svariati materiali, e nell’annessa pinacoteca sono contenuti circa 150 quadri.
Info www.museodelpresepio.altervista.org
 
Convento di San Francesco o degli Zoccolanti
È oggi l’elegante auditorium Auditorium Borgo Marconi, al di fuori delle mura di Morrovalle, oltre Porta Alvaro, la chiesa dell’antico convento di S. Francesco, o degli Zoccolanti. Piccolo romitorio, attorno al Mille, nella contrada Coppo, fu reso celebre dal Miracolo Eucaristico, che avvenne nel 1560: dopo un incendio che distrusse la chiesa, furono ritrovati intatti il Crocefisso, le ancòne e i paliotti degli altari e l’Eucaristia. Dopo l’incendio la chiesa venne ricostruita più grande, col concorso delle nobili famiglie di Morrovalle.
 
La Fonte Maxima incastonata nel monte
La Fonte Maxima è formata dalla Fonte Filello, costituita dalle vasche dove le donne andavano a lavare la biancheria, e dalla Fonte Sabbione, con le due vasche sempre colme d’acqua che esce da mascheroni. La fonte, incastonata nel monte, è sovrastata da due archi di mattoni. Accanto, oltre una porticina si apre il cunicolo mattonato detto “la grotta degli gnomi”, che porta alla chiesa della Madonna dell’Acqua Santa. A sinistra e a destra, una vasca lunga, già utilizzata per lavare gli abiti infetti, e un pozzo che alimentava le fontane pubbliche.
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