"U2, tacchi, tatuaggi e la leucemia:
vi spiego chi è la vera Alessia Morani"

Alessia Morani a Un giorno da Pecora
Alessia Morani a Un giorno da Pecora
di Simonetta Marfoglia
6 Minuti di Lettura
Domenica 17 Giugno 2018, 16:08
Alessia Morani, nata due volte. Non si teorizza attorno a un’araba fenice della politica, o alla bis parlamentare del Pd, ma dell’Alessia donna, che nello sfidare e vincere la malattia - nel 2003 ha subito un autotrapianto di cellule staminali per sconfiggere la leucemia - ha forgiato il carattere temprandolo al punto da renderne la grinta speculare a seconda da che grado dell’emiciclo di Montecitorio la si osservi. Combattente o aggressiva, bianco o nero senza la mediana neutralità del grigio. E dire che nel privato la battagliera democrat più che l’ambizione di una carica culla desideri da “groupie”. Più pop (o rock) che renziani popcorn.

La canzone del cuore
«Sogno di essere chiamata da Bono Vox, l’uomo più sexy del mondo, sul palco a ballare “With or Without you”. Non mi stancherei mai di ascoltarla. Un’energia unica, pazzesca. Da brividi. Io una groupie? Diciamo una fan. (ride). Adoro gli U2 li ho inseguiti dappertutto fin da ragazzina. Eravamo un gruppo di amici che grazie ai tour della band irlandese abbiamo girato il mondo: Dublino, la Danimarca, New York. Senza contare l’Italia. Li avrò visti cantare almeno 15 volte. Erano gli anni ‘90, che ricordi... L’ultima volta a Roma, l’estate scorsa, all’Olimpico. Peccato che non possa più andare sul prato a saltare per tutto il tempo».
Non è che la ritroviamo a “pogare” su uno scranno del Parlamento? «Per cortesia, con le istituzioni non si scherza, ne ho troppo rispetto. Noi rappresentiamo chi ci ha votato. Vengo da Macerata Feltria, mio padre era un imprenditore del jeans e fin da piccola ho respirato il gusto del bello, ho familiarizzato con la moda e ho vissuto in mezzo agli stilisti: da loro ho capito che la forma è sostanza».
Forma e sostanza che si coniugano anche nell’abbigliamento della parlamentare, una “divisa di ordinanza” fatta di mise sobrie ed eleganti, un misto di casual chic che per Alessia Morani vuol dire mescolanza di capi e generi, accostamenti di tailleur, pantaloni, vestitini, tubini. 

La forma è sostanza
«Questione di ruoli. Nilde Iotti aveva uno stile unico, inconfondibile. Personalmente presentarmi a posto e in ordine, lo ritengo non solo un piacere ma anche un dovere, soprattutto a Montecitorio. Poi nel privato, fossi per me, starei sempre in jeans, maglietta e tacchi, perchè, diciamolo, mi piace essere femminile».
Già, perchè mentre i tre quarti (per difetto) del resto del mondo che compongono l’eterno femminino sui tacchi 12 caracollano, incespicano, “s’ingoffano”, c’è chi sui tacchi a stiletto ci svetta a suo agio. «I tacchi sono belli e femminilissimi, e sono anche un mio debole. Ogni tanto qualche soddisfazione al nostro essere donne bisogna pure concedercela... una bella scarpa, una bella borsa... Ricordo che 10 anni fa, forse più, mi regalai una borsa Gucci che tengo ancora come una reliquia. Comunque, in generale, sto attenta alla cura della mia persona, anche se è sempre una lotta contro il tempo: credo che potrei prendere un “dottorato” in depilazione per come ho imparato a destreggiarmi con il silk epil. Negli anni ho affinato un mio stile, ho imparato a mixare e a scegliere quello che mi sta bene a me che sono minuta. Non acquisto su internet, a Pesaro ho tre negozi di riferimento che ormai mi conoscono e sanno quello che voglio. Ah, mi concedo anche una lampada ma per non sembrare gialla e spenta».

“Pizzicata” da Zoro
In politica fin da ragazzina («in famiglia se n’è sempre parlato tanto, mio padre veniva dal Pci, mamma era anche più “oltre” con simpatie per Pannella e la Bonino») ancora prima dell’exploit sotto il governo Renzi come responsabile giustizia Pd, l’immagine di Alessia Morani è diventata virale dopo che quegli impertinenti di Gazebo ne hanno immortalato nel 2013 il piede tatuato. «Uh.... ancora con quella vecchia storia dei tatuaggi? Mi “rompono” anche adesso, a distanza di anni. Mi piacciono, imprimono un momento, una fase della vita, qualcosa da portare sempre con sè. Sono un simbolo molto personale. Ne ho tre: il fiore sul piede che ormai tutti sanno, una “A” che non sta tanto per Alessia quanto per amore, perchè, ebbene sì, sono una romantica, e una fatina che però è nascosta e non si vede (ride)». 

I punti di riferimento
Le rappresentanze studentesche, gli studi di giurisprudenza, la passione per la politica («Conosco il sindaco Matteo Ricci da 25 anni, devo moltissimo a Massimo Vannucci che non c’è più, ma anche ad Almerino Mezzolani, Simonetta Romagna, Marinella Topi, Adriana Mollaroli nonchè alla mia professoressa di italiano, Licia Cecchini»), ma lo spartiacque di vita è stato il 2003. E la politica non c’entra nulla. «Avevo 26 anni quando ho saputo di essere malata: leucemia acuta, quella cattiva, delle peggiori. L’ho scoperto per caso nell’autunno del 2002. Avevo sbattuto e il livido non se ne andava. Sono stata ricoverata a Pesaro nel reparto di Muraglia per 93 giorni, ero arrivata a pesare 35 chili. Ma quando ero in ospedale non ho mai avuto altri pensieri se non quello di andare avanti. Ce la potevo fare. Mentre ero sotto cura ho preparato l’esame di avvocato, che poi ho passato ad Ancona. Non ho mai pensato che potevo morire, di non farcela. Incoscienza? Forse, ma oggi sono qui a raccontarlo e a ricordare che dei medici bisogna avere fiducia. Medici, infermieri, personale: con me sono stati degli angeli, sono la mia seconda famiglia e io alla famiglia credo moltissimo. Per questo, dopo il mio compleanno, che cade il 3 gennaio, dal 2003 festeggio sempre anche il 3 marzo, il giorno dell’autotrapianto di cellule staminali, quando la vita mi dato un’altra possibilità. E tutto il resto, conflitti politici soprattutto, si minimizza. Alessia, mi dico, fai un bel respiro profondo che questo problema lo risolviamo, figurati se non si può risolvere. Ogni volta che devo ragionare su qualche cosa d’importante e complesso mi immagino sempre come se ancora fossi in quella stanza d’ospedale. E ritorno a 15 anni fa. E’ stata l’esperienza più totalizzante e straordinaria della mia vita. Il periodo più brutto, ma anche il più bello».

Parigi, o cara
E il futuro come se lo immagina? «Mi piace viaggiare, adoro conoscere posti, luoghi e persone. Alla fine quel coast to coast in America da New York alla California sempre immaginato lo farò, ma non so nè quando nè come, sicuramente quando avrò un po’ più di tempo per me e le persone a cui tengo e voglio bene. La politica mi ha dato molto, ma mi ha tolto anche degli spazi cari. Oggi come oggi quello che maggiormente mi manca sono le serate con le mie amiche, quelle storiche, di sempre, con cui ho condiviso tanto. Non ho quasi più vita privata e questo è un prezzo alto da pagare che mi riprometto prima o poi di saldare. Lo devo soprattutto alla mia famiglia. E vorrei anche tornare a Parigi». A Parigi non si va mai da soli. «Chissà...» ride ancora Alessia trinceratissima sulla sua vita sentimentale e concedendo come unica e stringata confidenza quella di essere legata da qualche tempo a un imprenditore.
 
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