Filippo Sorcinelli, il sarto dei papi: «Folgorato in chiesa, trovai la mia via»

Filippo Sorcinelli, il sarto dei papi: «Folgorato in chiesa, trovai la mia via»
Filippo Sorcinelli, il sarto dei papi: «Folgorato in chiesa, trovai la mia via»
di Elisabetta Marsigli
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Domenica 28 Aprile 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 07:20

Filippo Sorcinelli è un artista a tutto tondo, musicista, stilista e geniale creatore delle fragranze più inconsuete. È originario di Mondolfo, dove mantiene il suo atelier, ma è ormai noto in tutta Italia e nel mondo. Deve il suo estro ad una sorta di “illuminazione divina” che arriva nei primissimi anni della sua vita. «A 4 o 5 anni, accompagnavo spesso la mia mamma a fare le pulizie in chiesa a Mondolfo. Lei era una volontaria ed io ero affascinato da quel luogo: pensate come può apparire una chiesa ad un bambino così piccolo». E anche molto curioso: «scorrazzavo tra i banchi, aprivo cassetti, annusavo l’aria densa d’incenso, ammiravo le vesti e i paramenti sacri. Finché un giorno, trovai un mazzo di chiavi antiche che aprivano una porta che si affacciava su scale polverose e salii fino a ritrovarmi di fronte l’organo. Ovviamente non suonava da tempo e piano piano imparai che occorreva girare una enorme ruota per dargli di nuovo fiato».

Le potenzialità della musica

La prima volta che Filippo sentì le potenzialità di quello strumento fu durante una gita con la sua famiglia a San Vito, a Rimini: «Ne rimasi letteralmente folgorato e mia zia, quella che poi mi aiutò tantissimo nel proseguire gli studi, riuscì ad organizzarmi delle lezioni proprio con il prete che lo stava suonando quel giorno. Fui il primo allievo della scuola di musica di Mondolfo». E fu così che Filippo arrivò a essere ammesso al Conservatorio di Pesaro: «Era stato un percorso naturale, ricco di bellezza, ma dovetti interrompere gli studi a causa di un piccolo incidente. Mi ruppi un dito e non riuscii a dare gli esami, ma quel mancato passaggio mi portò a raggiungere un traguardo superiore: diedi gli esami al Pontificio istituto di musica sacra in Vaticano e lì iniziò la mia bellissima esperienza a Roma». Ma in realtà la sua esperienza era già stata avviata: «Avevo 13 anni e stavo suonando da solo all’interno della chiesa, quando mi si avvicinò un signore che era stato una buona mezz’ora ad ascoltarmi e mi disse: “Complimenti, mi piacerebbe che venissi a suonare l’organo da noi”. Gli risposi che avrei dovuto chiedere ai miei, troppo giovane per muovermi autonomamente, dove era la sua chiesa poi? Beh, era il parroco della Cattedrale di Fano! Arrivò il giorno in cui avrei dovuto suonare a Fano, ma non sapevo che avrebbe coinciso con una messa officiata dal vescovo in persona».

Non bastò poi l’emozione di quella notizia: «Il vescovo benedì con l’incenso tutta la chiesa, l’altare, il crocifisso e… l’organo, perché era da molto che non suonava.

Fu una cosa molto commovente per me, perché poi tutto questo è diventato la mia cifra stilistica: da distributore di emozioni musicali e olfattive». Contemporaneamente al Conservatorio di Pesaro, Filippo frequentò anche l’Istituto d’arte di Fano, «con insegnanti che erano dei veri artisti». Un’adolescenza senza sosta, tra studi musicali e artistici. Per 9 organista della cattedrale di Fano, durante il Giubileo fu uno degli organisti che si alternavano a San Pietro. Un altro evento segnò il suo destino: «Un amico mi annunciò che di lì a poco avrebbe preso i voti. Emozionato, decisi di regalargli la casula, l’indumento della prima messa». Per spiegare tutto ciò, dobbiamo però tornare un attimo all’infanzia di Filippo, passata nella storica sartoria di Mondolfo accanto alla mamma, alla zia e alla sorella: «Da bambino adoravo stare lì. Sono cresciuto in modo semplice e genuino. E il mio percorso artistico lo devo tutto alla mia famiglia che ha creduto in me. Alle medie, infatti, una professoressa sconsigliò i miei di farmi proseguire gli studi: preconcetti dettati dalle origini semplici della mia famiglia. Quella prof la rividi tra i banchi della Cattedrale di Fano, che mi guardava con gli occhi sgranati».

I paramenti sacri

Ma la veste per il suo amico determinò la sua originale carriera di stilista di paramenti sacri: «Creammo insieme questo numero 0 che indossò proprio mentre io suonavo in cattedrale a Fano e vidi le facce stupite di tutti i sacerdoti, per un manufatto che stilisticamente era un po’ lontano dalla moda ecclesiastica del tempo. Il passaparola arrivò al vescovo di Pesaro, monsignor Angelo Bagnasco che mi commissionò la sua mitra. Nacque così una splendida amicizia e fu proprio lui a caldeggiare l’apertura della mia azienda che mi ha portato alle porte della Cappella Sistina, quando fui chiamato da Benedetto XVI». Poi gli abiti preparati per Ratzinger e Francesco gli favorirono l’appellativo di sarto dei papi.

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