Pesaro, Erika e Lisa, l'amore trionfa:
«Ma abbiamo timore a tenerci per mano»

Pesaro, Erika e Lisa, l'amore trionfa: «Ma abbiamo timore a tenerci per mano»
di Gianluca Murgia
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Mercoledì 15 Agosto 2018, 05:25
PESARO - In questi tempi di manicheismo d’accatto, odio copia-incolla e sessismo ignorante, quella tra Lisa ed Erika, pesaresissime, rispettivamente 34 e 35 anni, è una storia da raccontare. L’amore che esce allo scoperto nel 2011, la convivenza l’anno successivo e, il 27 dicembre 2016, il “sì, lo voglio” celebrato a Palazzo Gradari: la prima unione civile, a Pesaro, tra due donne. «Abbiamo dovuto cambiare casa perché eravamo assillate da un vicino che ci urlava a ogni occasione - raccontano - non ci ha mai detto direttamente che il motivo era quello, la nostra unione, ma l’abbiamo percepito dalla sua aggressività. Avevamo paura. Cercavamo di non stare mai da sole». Un invito alla riflessione per i tanti “intellettuali” senza cattedra che la nostra attuale social-società sforna a getto continuo.
Frangar, non flectar. Lisa lavora come impiegata in uno studio commerciale («Ma da qualche mese ho ripreso a studiare massofisioterapista»), Erika è bagnina di salvataggio ai Bagni Nella Beach Experience e vigile del fuoco discontinuo a Pesaro. «E io sono orgogliosissima di lei ma anche molto spaventata - spiega Lisa - Quasi di più ora che fa la bagnina, un lavoro sottovalutato, da me in primis. È un ruolo di enorme responsabilità. Fortuna - ride Lisa - che al mare vado poco...» .
  
Ora risiedono a Villa Fastiggi. «Episodi di vera intolleranza? No, siamo state fortunate. Ci sono anche persone positive, come i nostri nuovi vicini di casa. Conosciamo una famiglia che partecipa ai Family Day, hanno idee chiare in merito, ma ci vogliono bene: una conquista. Ci battiamo tanto per questo: le gente deve andare oltre, vedere la persona e valutarla per quello e non per l’orientamento sessuale. Ma il timore che possa sempre accadere qualcosa, alla luce dei crescenti episodi di sessismo e odio, c’è». Lisa: «Cerchiamo di fare la nostra vita, ma tranquillissima non sono. Non sai mai chi c’è di fianco a te». Erika: «Per questo, anche a Pesaro, prima di darci la mano in pubblico ci guardiamo in giro. Anni fa, sulla scala mobile dell’Iper, per una innocente carezza scambiata, una famiglia ci guardò con occhi sgrananti. E ci fece male».
 
L’unione civile ha messo un punto nei diritti di coppia ma, all’atto pratico, la strada da fare è lunghissima. «A livello pratico, visto che convivevamo dal 2011, non è cambiato nulla. Per quanto riguarda le rispettive tutele, invece, sì. Anche se ce ne potrebbero essere di più. Già il fatto che si chiami unione civile è un rimarcare che siamo una categoria a parte. Certo, ora abbiamo la reversibilità della pensione, l’obbligo della convivenza, il partecipare equamente alle spese ma, al contrario di altri paesi europei, non è previsto l’obbligo di fedeltà... come se per noi fosse insita la promiscuità. Poi, dalla Cirinnà, è stata tolta la stepchild adoption». Ovvero, l’istituto giuridico che consente al figlio di essere adottato dal partner (unito civilmente o sposato) del proprio genitore.
 
«Io non farei mai figli - spiega Erika, sulla stessa linea di pensiero di Lisa -, ma sarei felice di adottare dando una possibilità a bambini che di possibilità non ne hanno». No al matrimonio in chiesa: «Siamo atee e comuniste» dicono in coro. In questo anno e mezzo abbondante di unione ci sono state tante sfumature. Dai nuovi «vicini di casa - spiegano, divertite -, che hanno un certa età e non sapevano se chiamarci moglie o marito» al giorno dell’unione civile «con tante persone che non avevamo invitato ma che sono venute lo stesso per condividere il momento con noi» o ancora «l’amore dei nonni, che hanno più di 80 anni e della mamma per la quale siamo una coppia bella e stabile, un esempio della famiglia». Pregiudizio che si batte con l’orgoglio. E l’amore. «Noi siamo nate e cresciute a 500 metri di distanza, ci siamo sempre viste ma mai conosciute. Poi, nel 2010, ci siamo ritrovate a un corso della Croce Rossa a Gabicce». E da lì è partito tutto. «Quando possiamo siamo presenti ai gay pride. Siamo andate a Rimini, spesso a Bologna. Pesaro, invece, non è attiva: la mentalità è ancora chiusa». Lisa: «Io ho fatto coming out a 27 anni, da adulta, relativamente forte. Forse, più aspetti, è peggio è. Non è stato facile. Ci vuole coraggio ma anche trovare la persona giusta. Oggi posso dire che ne vale la pena ma il primo anno ci sono state più lacrime che sorrisi. Se tornassi indietro, lo farei prima. Non è una vita facile, anche a Pesaro. Ma è quello che siamo: ognuno ha i suoi tempi e la vita è una sola». Erika: «Per me è stato più semplice, anche se comunque tardi. Ma la libertà che hai poi è impagabile».
 
Un messaggio? «Si può fare ancora tanto per tutelare le coppie gay ma anche transgender e famiglie omogenitoriali - rimarcano -. La cosa fondamentale, al di là di qualsiasi etichetta, è che siamo persone. Siamo persone. Molte coppie che conosciamo hanno deciso di non sposarsi, come presa di posizione, perché non contenti della Cirinnà. Per noi, invece, è comunque un grande regalo: qualche diritto ora c’è e ce lo prendiamo sperando che un domani l’unione possa chiamarsi matrimonio»
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