Suez, effetto domino. Il professor Iacobucci: «Impatto sull’inflazione, si accorcerà la filiera. Il contraccolpo per ora riguarda più le aziende che i consumatori»

Il professor Iacobucci: «Impatto sull’inflazione, si accorcerà la filiera»
Il professor Iacobucci: «Impatto sull’inflazione, si accorcerà la filiera»
di Maria Cristina Benedetti
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Lunedì 22 Gennaio 2024, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 12:08

Il prof dipana la sequenza lineare generata dalla guerra contemporanea, combattuta minando le rotte globali del commercio. Donato Iacobucci la estende, quella progressione: «Impennata dei costi e dei tempi di trasporto, contraccolpo negativo sull’inflazione». Il docente di Economia Applicata della Politecnica indica il verso del danno: «L’impatto sembra riguardare più le imprese che i consumatori».

All’origine, prima dell’innesco della miccia che ha infiammato il Mar Rosso, erano traffici di merci.

«Per il canale di Suez passa quasi il 12% degli scambi mondiali e il 40% dell’import-export italiano». 

Il punto di deflagrazione?

«L’impatto immediato è l’aumento dei noli marittimi e, di conseguenza, quello dei costi e dei tempi di trasporto. Questo potrebbe avere una ripercussione negativa sull’inflazione, rallentando la frenata in corso e posticipando il rientro della politica monetaria restrittiva».

Il primo effetto?

«Si è avuto sui prezzi dell’energia, petrolio e metano, che in una settimana sono lievitati del 4%».

Guardi nelle tasche degli utenti finali: cosa vede?

«Assoutenti, un’associazione no profit a difesa dei consumatori, ha calcolato che un rincaro della benzina del 10% comporta una aggravio di costi medi annui per famiglia di 213 euro; lo stesso incremento sul gas comporterebbe un sovraccarico di 200 euro nei dodici mesi».

L’ennesima frenata, brusca? Saltano di nuovo gli equilibri planetari?

«I principali operatori marittimi sembrano concordi nel sottolineare che la crisi è contenuta e gestibile. Non sembrerebbe in grado di determinare l’interruzione delle catene di approvvigionamento, come avvenne nel periodo della pandemia. Cambierei, piuttosto, il punto di osservazione».

Proceda pure.

«La rotta di collisione, ribadisco, sembra riguardare più le imprese che i consumatori».

Decripti il concetto.

«Il dirottamento dei percorsi commerciali comporta un allungamento dei tempi di trasporto di circa 20 giorni e un incremento del costo per container intorno ai 1.500 euro.

Ciò si traduce in una minore competitività delle merci esportate».

Azzardi una previsione.

«Confindustria ipotizza un dato negativo sull’export 2024 e questo contribuisce ad abbassare le poco rosee prospettive di crescita per l’anno in corso. L’incremento dell’incertezza può anche determinare un rallentamento e un rinvio dei programmi di investimento delle aziende».

Dilati, fin dove può, lo spettro di questa ennesima decrescita.

«Non è escluso che l’onda d’urto coinvolga i porti italiani i cui traffici sono maggiormente legati alle grandi rotte che passano per Suez: Genova, La Spezia, Trieste e Gioia Tauro. Nel lungo periodo, questa ulteriore crisi accentuerebbe la tendenza all’accorciamento delle filiere di fornitura e al reshoring, il fenomeno economico che consiste nel rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato le produzioni in Paesi asiatici».

Una tendenza che era già in atto.

«Già prima che si delineassero gli scenari, diffusi, dei conflitti - Russia-Ucraina, Palestina-Israele - l’occidente capitalistico aveva puntato sulla nuova politica del friend shoring, ossia il fare affari solo con le nazioni amiche, escludendo le traiettorie d’oriente. Quest’ultimo capitolo della guerra contemporanea non fa altro che acutizzare la svolta protezionista».

Declini l’analisi.

«L’inasprimento dei combattimenti internazionali dovrebbe convincere l’Europa a compattarsi, a rendersi più autonoma e autosufficiente».

La stessa visione nella quale Vincenzo Garofalo, presidente dell’Authority, intravede un potenziamento delle rotte balcaniche e dunque del porto di Ancona. Concorda?

«Su tutta la linea. Il piano di espansione dello scalo marittimo dorico non può prescindere da queste prospettive, con meno est-asiatico nei propri motori di sviluppo».

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