La prof Elena Casaccia, anima di Guasco Srl: «Per me e il mio Fabrizio il cinema fu la linea di fuga»

La prof Elena Casaccia, anima di Guasco Srl: «Per me e il mio Fabrizio il cinema fu la linea di fuga»
La prof Elena Casaccia, anima di Guasco Srl: «Per me e il mio Fabrizio il cinema fu la linea di fuga»
di Lucilla Niccolini
4 Minuti di Lettura
Domenica 28 Aprile 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 07:19

Creatività e un guizzo di follia, per inventare il futuro. A Elena, li ha trasmessi la zia Alessandra. «Ma è stato lo studio del greco e del latino – precisa – a darmi la capacità di scegliere, tra diverse ipotesi, la più razionale». La zia è Alessandra Casaccia, meteora della canzone italiana alla fine degli anni Sessanta. Lanciata a Castrocaro con “Se c'è una cosa che mi fa impazzire”, inorgoglì i marchigiani quando partecipò, nel ‘69, al Festival di Sanremo. «Lei era la sorella di mio padre Attilio. Il nonno Nazzareno, quando capì, nel '70, che la carriera di sua figlia dipendeva da quali “spinte” era disposto ad assecondare, le chiese di mollare». Per Elena, che allora aveva tre anni, fu un vantaggio: aveva tutta per sé la zia Alessandra, di travolgente allegria e creatività.

I travestimenti

«Ragazza alternativa e ribelle, aveva frequentato il liceo artistico Mannucci. Una volta ritiratasi dal mondo della canzone, dipingeva molto, e partecipava a mostre. E inventava mille giochi e travestimenti per noi bambini, costumi immaginifici, che realizzava con stoffe colorate e cartoncino. Non so più quanti premi abbiamo vinto, non solo a carnevale». Elena è cresciuta alla sua ombra. «Abitavamo a Marina di Montemarciano, sopra il deposito della ditta di materiale edile, fondata da mio nonno Nazzareno, un “capitalista comunista”, tra i primi esponenti della Camera del Lavoro. Gli anni del boom economico furono per lui una manna». Poi, morendo anzitempo, a 74 anni, lasciò il testimone al figlio maschio, Attilio. Ma anche lui, fulminato nel sonno da un aneurisma, se ne andò prematuramente, nel '90, a 50 anni.

Il dolore

«Frequentavo Lettere a Macerata. Anna Maria, mia madre, si rimboccò le maniche, accettò un lavoro part time alla Cgil. Un grave lutto, ma la sorte mi riservava ancora un grande dolore». Elena si era da poco laureata quando, una mattina di giugno, zia Alessandra la invitò a fare un giro su un Piper: alla guida, suo figlio sedicenne, fresco di patentino. «Declinai, sebbene a malincuore: avevo programmato una gita con un amico all'Eremo dei Frati Bianchi». Quel giorno, il velivolo s'inabissò nell'Adriatico, portandosi via Alessandra, 45 anni, e suo figlio.

L’analisi

«Ci ho messo qualche mese, per riprendermi.

Oltre ad andare in analisi, ho cominciato a fare qualunque lavoro che fosse coerente con la mia laurea in Lettere, perché il ministro dell'Istruzione aveva bloccato i concorsi». Scrive di arte sul Corriere Adriatico, poi segue un corso di “Management dei beni culturali”, organizzato della Provincia di Ancona. «Una volta concluso, mi affidarono mappatura e catalogazione del patrimonio artistico della Provincia». Erano i tempi della legge Ronchey, i fondi c'erano, i giovani potevano farsi le ossa. «Con i soldi guadagnati, acquistai l'abito da sposa».

Aveva conosciuto Fabrizio, cineoperatore in forza al Comune di Ancona. «Primogenito della presidente della Provincia, Marisa Saracinelli, una gran donna, una persona scrupolosissima. Quando mi fidanzai con il figlio, verificò che tutti i piccoli incarichi, che avevo ricevuto con l'ente locale da lei presieduto, precedessero il nostro colpo di fulmine. E con la Provincia di Ancona, non ho più lavorato». Altri tempi, altri amministratori. Elena, intanto, comincia a insegnare, nascono i figli Caterina e Matteo. E Nanni Moretti viene ad Ancona a girare “La stanza del figlio”.

La sceneggiatura

«Fabrizio collaborò con la troupe, conoscemmo un sacco di persone, che mesi dopo continuavano a invitarci a Roma ad assistere alle prime». E alla Fandango, Elena e Fabrizio s'ispirano quando, nel 2009, mettono in piedi, con un socio, la Guasco srl, libri e film. Fu “Alba” la loro prima produzione, un lungometraggio dedicato a una storia vera, nel porto di Ancona. « «Cominciò tutto di lì. Ognuno di noi due aveva un posto fisso; il cinema era la linea di fuga. Come quando, all'indomani della scomparsa tragica di zia Alessandra, avevo scritto la sceneggiatura “Un volo di notte”, dal titolo di una sua canzone. Ancora non ne ho fatto niente, ma a me è servito scriverla». Sulla casa di produzione, i suoceri sulle prime sono perplessi. «Soprattutto Sergio, il padre di Fabrizio. Ma Marisa approvò, vedendo per la prima volta l'entusiasmo brillare negli occhi del figlio». Il sogno diventava futuro. Zia Alessandra sorride.

© RIPRODUZIONE RISERVATA