PESARO - Una carriera accademica di tutto rispetto, libri, pubblicazioni, conferenze: Luca Baroni, il curatore di “Rembrandt incisore”, la retrospettiva ai Musei Civici di Pesaro dedicata al grande artista olandese, è giovanissimo (28 anni), ma ha una straordinaria competenza nell’arte. Gli studi, tra cui quelli alla Normale di Pisa, hanno avuto una grossa influenza sulla sua formazione, ma la sua passione, soprattutto per gli incisori, viene da lontano.
«La mostra su Rembrandt - racconta Baroni - viene dalla frequentazione di un collezionista che seguo fin da bambino. Lo studio è venuto dopo, ma tutto è stato reso possibile dal fatto che nelle Marche ci sono molti collezionisti. Sono molto felice di aver fatto questa mostra proprio a Pesaro, dopo che la prima che curai fu nel 2015 agli Uffizi, con il pittore e incisore di età barocca, Simone Cantarini». Quella dell’incisione è una tecnica affascinante, anche nella sua fruizione: «una delle cose che mi legano di più a questa tecnica è l’intimità. È una tecnica che richiede un rapporto uno a uno tra artista e fruitore e si avvicina molto all’altra mia zona di interesse che è il disegno antico». Secondo Baroni poi, sono proprio le mostre a rendere vivi i Musei, «non a caso sono diventate un’attività fissa dato che spesso è il momento in cui il pubblico incontra il museo, soprattutto in questi ultimi anni». Per questo occorre creare un qualcosa che desti il giusto interesse «la grammatica delle mostre è in continua evoluzione perché deve rispondere alle esigenze del pubblico. Quelle sugli incisori sono state sempre una sfida, anche a livello personale, perché è una tecnica non facile da presentare. Ma se gli artisti sono Rembrandt, Durer o Barocci, allora riesci a creare una particolare attenzione».
Baroni sta lavorando al British Museum di Londra, sia intorno alla figura di Federico Barocci che nella catalogazione dei disegni marchigiani tra Cinquecento e Seicento. «Un campo interessante anche per un confronto con quanto in possesso nella nostra regione, soprattutto con il Fondo Antaldi della Galleria Nazionale delle Marche».