Brindisi con il Bordò di Dulcamara
L'elisir d'amore all'Arena Sferisterio

Una scena dell'Elisir d'amore
Una scena dell'Elisir d'amore
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Sabato 21 Luglio 2018, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 12:32
MACERATA - Stasera, sabato, alle 21 seconda opera in cartellone allo Sferisterio di Macerata: è in scena “L’elisir d’amore” di Donizetti con la regia di Damiano Michieletto. L’opera è il titolo esemplare del peculiare genere buffo del compositore bergamasco (con “La figlia del reggimento” e “Don Pasquale”). 
Donizetti vi si rivela un melodista straordinario, dotato di una “solarità” tutta italiana e di una fresca, fantasiosa, felicissima vocazione al canto. Il musicista compone questo melodramma giocoso in due atti e primo suo duraturo capolavoro in soli quattordici giorni, su libretto di Felice Romani (il librettista più “ à la page” del primo Ottocento). Debutta nel teatro milanese della Cannobiana il 12 maggio del 1832 con grande successo, per l’arco delle ben 32 successive repliche. L’esecuzione dell’opera richiede un ben dosato collegamento tra la corda farsesca e ridanciana e la corda più squisitamente tenera e elegiaca, quella che nella “furtiva lagrima”, ma anche in quel delizioso botta e risposta (“Chiedi all’aura lusinghiera”) cadenzato sulle arie di similitudine del melodramma classico, “immalinconisce romanticamente la risata buffa del Settecento” (Saracino).
I suoi personaggi si muovono sì sul canovaccio tradizionale dell’opera buffa settecentesca, appunto, ma sono significativamente ricondotti dal compositore alla dimensione affettivo-sentimentale della nuova sensibilità romantica. Nel particolare contesto la compagnia artistica presente in arena è sulla carta di sicuro valore: con Mariangela Sicilia (Adina), John Osborn (Nemorino), Iurii Samoilov (Belcore), Alex Esposito (Dulcamara); con Francesco Lanzillotta (direttore musicale del Festival) che dirige l’Orchestra Regionale delle Marche (con il Coro lirico marchigiano Vincenzo Bellini). Il regista Damiano Michieletto, artista ”trasgressore” per antonomasia, ambienta la storia non nel tradizionale borgo della campagna lombarda o padana, ma in una spiaggia con tanto di sabbia, capanni e ombrelloni: da un’insegna che vi appare, la protagonista figura come la titolare dello chalet “Adina Bar”. 
Nell’opera c’è un colore agreste che permea di sé la musica e il libretto, lega indissolubilmente i personaggi, la loro emotività d’estrazione contadina, al particolare paesaggio. E allora? Farà, per cosi dire, ugualmente effetto il magico elisir (nient’altro che vino di “bordò”) dell’imbonitore Dulcamara nel nuovo contesto marino? Verificheremo.
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