Marche, il grande amore di Jury Chechi
«Una terra tra le più belle al mondo»

Juri Chechi
Juri Chechi
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 27 Aprile 2017, 10:07 - Ultimo aggiornamento: 10:08
Non si arrende mai, il signore degli anelli. In tutta la sua luminosa carriera di campione della ginnastica, Jury Chechi ha dato prova di una tenacia e di una forza d’animo ancora superiore all’energia del suo fisico. Medaglia d’oro ad Atlanta nel ‘96, cinque volte campione del mondo, avrebbe potuto legare gli anelli al chiodo, quando nel 2000 subì la rottura del tendine brachiale di un bicipite. Ma no, lui tornò ad allenarsi e vinse il bronzo alle Olimpiadi di Atene. Toscano di Prato, ha eletto le Marche a luogo della sua nuova vita di imprenditore: ha aperto, non lontano da Ripatransone un agriturismo resort, il Colle del Giglio.

Anche lei testimonial delle Marche. I suoi tre buoni motivi “personali”?
«Prima di tutto perché ho un affetto profondo per le Marche, una regione che mi dato molto. Poi, spero di dare un valido contributo alla promozione della sua immagine. Infine, perché credo nelle caratteristiche e nelle opportunità che ha questa regione, anche di carattere commerciale: caratteristiche interessanti per un progetto imprenditoriale».

Quando ha deciso di venire nelle Marche e perché?
«L’idea è nata in maniera del tutto casuale: volevo per la mia famiglia una casa per le vacanze, nell’entroterra. Poi, con una coppia di cari amici romani ho cominciato a concepire il progetto di aprire questa casa al pubblico. Quando ho lasciato l’agonismo, dopo Atene 2004, ho cominciato a cercare un luogo: ho trovato questa collina e mi è sembrata il posto ideale. E tra il 2007 e il 2008 abbiamo aperto il resort».

Cosa apprezza di più delle Marche: le persone, la natura o lo stile di vita?
«Per me è impossibile stilare una graduatoria. Tutte e tre le cose identificano bene il territorio: i marchigiani riescono a conciliare l’operosità e la capacità di godersi la vita, di trovare tempo per sé, qualcosa che spesso dimentichiamo di regalarci. E il territorio è meraviglioso. Questa è una delle zone più belle del mondo, non solo dell’Italia».

Quali caratteristiche distinguono la nostra gente? Che difetti?
«Impossibile trovare di un popolo un difetto che non sia un banale stereotipo. Ogni regione ha difetti riconosciuti, e non è giusto generalizzare: ogni individuo ha il suo carattere. Qui nelle Marche io ho sempre incontrato persone molto collaborative, con una grande disponibilità al dialogo».

Cosa apprezza di più, il nostro mare o la campagna?
«In cima al colle dove stiamo si vede un pezzetto di mare, ma la prospettiva nobile affaccia sulle colline marchigiane, a perdita d’occhio, fino alla catena dei Sibillini, monti dal profilo straordinario».

A 10 chilometri dal mare, lo frequenta?
«Certo, passo le vacanze tra Porto Sant’Elpidio, Cupra Marittima e San Benedetto del Tronto, una delle zone più organizzate e strutturate per chi ama la spiaggia. E poi, c’è il Cònero, con un’acqua splendida, che assomiglia al mio mare preferito, quello delle Eolie o della Sardegna».

Come giudica la nostra tradizione gastronomica?
«L’enogastronomia marchigiana mi è sempre piaciuta moltissimo. E da noi, in cucina lavoriamo con i prodotti di questa terra, di grandissima qualità. E produciamo un vino magnifico, fatto come si faceva una volta, come in tanti fanno nella nostra regione. Sulla nostra tavola promuoviamo il territorio. E non c’è nessuno dei nostri ospiti, provenienti da tutta Europa, che non sia affascinato da questa qualità, il segreto del successo».

Il piatto più buono?
«Sarà scontato, ma per me è il fritto: olive e gnocchetti di crema. Faccio fatica a resistere alle classiche olive all’ascolana, come le facciamo noi. E poi, il pesce è ottimo, da questo mare popolato di tante varietà diverse. Posso assicurarle che le ostriche come le ho mangiate qui, mai le ho trovate altrove».

Cosa le è più utile nella vita, di quanto ha imparato qui?
«È stata l’attività sportiva che mi ha insegnato qualcosa, che poi ho messo a frutto nell’imprenditoria: mi ha dato molto valori utilissimi in questa attività, anche se è molto diversa, ma con caratteristiche di fondo simili».

Cosa cambierebbe di questa regione?
«Dovrebbe credere di più nelle proprie qualità. Trovo che rimanga un po’ troppo alla finestra, che non sia appieno consapevole delle proprie potenzialità e dei mezzi che ha. Altre regioni sono riuscite meglio a sfruttarle, in senso turistico e non solo. Le Marche ancora hanno un piccolo gap da superare, sia nel turismo che nell’imprenditoria: devono crederci, perché possono fare molto di più».

Trova che le Marche potrebbero promuoversi come “regione dello sport”?
«Certamente, potrebbe essere un’opportunità in più per fa conoscere la nostra regione, che ha avuto e ha atleti molto interessanti. La mia avventura marchigiana è nata appunto grazie allo sport, perché qui c’è un Centro federale della ginnastica che ha una grande tradizione. A Jesi poi c’è la più grande scuola di scherma al mondo. E poi il calcio, il ciclismo. Uno per tutti, Michele Scarponi».

Un momento triste per lo sport marchigiano. Conosceva Scarponi?
La voce s’incrina. «Eravamo amici. Molte volte è venuto da noi con la sua famiglia. Abbiamo anche trascorso un Capodanno insieme al Colle del Giglio. Il giorno prima di morire mi aveva lasciato un messaggio vocale per prendere accordi su un’iniziativa benefica in favore delle zone terremotate: una pedalata da fare a giugno insieme. Lo stimavo molto e sono vicino ad Anna e ai figli Tommaso e Giacomo. Faccio fatica a credere che non ci sia più. Mi mancherà, come a tanti, moltissimo. Sono giorni drammatici...».

Quali personaggi secondo lei identificano meglio il valore delle Marche?
«Non posso che pensare a personalità dello sport. E mi viene subito in mente Valentino Rossi, poi Giovanna Trillini, Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca… sono tanti i nomi che potrei fare nello sport. E poi grandissimi chef. Però, a parte le persone che la rappresentano, la regione deve rendersi più visibile, farsi conoscere. Dobbiamo riuscire a portare più gente nelle Marche».

Quanto significano le Marche per lei e per la sua famiglia?
«Faccio la spola tra le Marche e la Toscana, dove i miei due figli Dimitri e Anastasia frequentano ancora la scuola. Ma ho scelto questa regione proprio perché mi è sembrato che meglio di altre potesse aiutarmi a migliorare la qualità della vita della mia famiglia. Io lotto per questo».

Consiglierebbe a un suo amico di venire a vivere nelle Marche?
«Spero io stesso di riuscire a fermarmi più tempo qui. E il progetto è di trasferirmi prima possibile, e di vivere qui per sempre».
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