Juan Diego Florez: «Queste Marche
così armoniose come un concerto»

Juan Diego Florez
Juan Diego Florez
di Silvia Sinibaldi
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Giovedì 25 Maggio 2017, 11:43 - Ultimo aggiornamento: 19:42
Juan Diego Florez è l’incarnazione del talento. Dotato di una voce straordinaria, di capacità empatiche che lo tengono costantemente in sintonia con il suo pubblico, legatissimo al suo Perù, porta le Marche nel cuore. Quando si alzano i sipari la sua voce limpida e chiara di tenore ha la capacità di raggiungere melomani e neofiti con uguale intensità. Lui è una star nel più classico dei significati e nei palcoscenici del mondo viene accolto e applaudito con tanta passione da ribaltare i canoni del teatro, un entusiasmo che ricorda l’esplosività di uno stadio.

Anche lei testimonial della nostra regione. I suoi buoni motivi personali.
«Fondamentale è il mio legame con Pesaro. Nel 1996 debuttai al Rossini Opera Festival iniziando la mia carriera: da quel momento Rossini mi ha sempre accompagnato, vent’anni di studio e spettacoli e oggi continua a essere una parte importante nei programmi dei miei concerti. Sono fortunato nel portare la sua musica nel mondo. Ho una casa a Pesaro, che uso nei mesi estivi, a Pesaro dove ho tanti amici ed è per questo che mi è sembrato doveroso testimoniare».

Lei è anche cittadino onorario di Pesaro, dopo ben 221 esibizioni in questa città.
«Un riconoscimento che rafforza il mio profondo legame con la città: un privilegio che ho ricevuto l’anno scorso quando ho celebrato proprio al teatro Rossini i miei 20 anni di carriera».

Lei ha creato la sua Fondazione Sinfonía por el Perú, di cui è anche presidente. L’obiettivo è dare un futuro ai bambini peruviani attraverso la musica. So che ha pensato con commozione anche ai bambini marchigiani ai quali il terremoto ha tolto tutto.
«Non è possibile rimanere indifferenti davanti alle immagini che le tv di tutta Europa hanno trasmesso: i volti impauriti, le scosse continue e le macerie intorno. Sono convinto che nelle Marche, come in Perù la musica possa dare forza e speranza. So per esperienza personale come i bambini che suonano in una orchestra si sentano importanti, ma non solo: i loro genitori e la comunità che li circonda sono orgogliosi di loro. Il peggio della povertà non è tanto non avere nulla ma il fatto di non sentirsi importanti. Suonando in orchestra i bambini si sentono motivati a combattere la povertà e tutte le avversità».



Il suo timbro internazionale segna tutta la sua carriera: il suo debutto nelle Marche in qualche modo è legato a un tenore americano.
«La mia prima volta al Rossini avvenne quando ero un totale sconosciuto. Però è vero, proprio da quel teatro è partita la mia carriera. Con una sostituzione improvvisa, sorretto dalla sfrontatezza della giovinezza. Era appunto il 1996, Bruce Ford diede forfait e io lo sostituii nella parte principale di Corradino, nella Matilde di Shabran».

In questa regione ha ritrovato anche il suo mentore Ernesto Palacio che come lei ha scelto Rossini e le Marche.
«Palacio è stato anche il mio maestro e per primo mi portò in Italia nel 1994 in occasione della prima esecuzione in tempi moderni dell’oratorio Le tre ore di agonia di Cristo di Nicola Antonio Zingarelli e nell’opera Il tutore burlato di Vicente Martín y Soler. Oggi ci ritroviamo al teatro Rossini. Ernesto comunque non è solo maestro e mentore è un amico che ha accompagnato l’intera mia carriera».



Cosa apprezza di più delle Marche: le persone, la natura o la storia?
«Devo essere sincero, non conosco molto della storia ma posso invece dire che considero di primo ordine le persone che vivono in questa terra, la cui natura è splendida e variegata».

Preferisce il nostro mare o la campagna?
«La campagna è così bella e romantica con le sue colline dolci che non finisce mai di stupirmi. Ma in generale alla mia famiglia piace stare al mare, soprattutto ai bambini. Il mare è diventato un luogo rifugio anche per mia moglie e per i nostri figli. Aspettiamo tutto l’anno l’estate per venire al mare a Pesaro».

Come giudica la nostra tradizione musicale?
«Metto al primo posto Rossini. E cito subito il Rossini Opera Festival. In tutto il mondo si abbina Pesaro a Rossini grazie a questa manifestazione che ha saputo fare un’opera di recupero filologico e di proposte al pubblico davvero vincente. Ma le Marche hanno grandi musicisti come Giovan Battista Pergolesi e Gaspare Spontini ma anche un grande tenore come Beniamino Gigli. Lego i loro nomi ai teatri marchigiani, veri e propri gioielli».

Il piatto ​marchigiano più buono?
«Il brodetto senza ombra di dubbio. Un sapore unico che rappresenta questo territorio».

Quanto significano le Marche per lei e per la sua giovane famiglia?
«Come detto prima sono il luogo dei momenti di relax estivo, la terra dove torniamo a riprendere forze, e questo nonostante io qualche volta sia stato impegnato, proprio ad agosto, con il Rossini Opera Festival».

Consiglierebbe a un amico di venire a vivere in questa regione?
«Assolutamente sì. Le Marche offrono un equilibrio tra ricchezza culturale, bellezza della natura ed eccellenze gastronomiche difficile da trovare. Inoltre la vita scorre ancora con tempi non forsennati per quanto dal punto di vista economico la regione abbia grande vitalità».

Per lei qual è il luogo più importante delle Marche?
«Vista la mia storia personale è Pesaro, Pesaro città con il suo centro storico e le vie in ombra che costeggiano il teatro Rossini».

Indichi cinque luoghi delle regione che le sono cari o che trova belli o a cui si sente legato.
«Il San Bartolo, un unicum meraviglioso di verde affacciato sul mare. Mi piace il faro che è sempre un elemento onirico, mi piace Fiorenzuola e soprattutto Casteldimezzo, un luogo immutato nel tempo. Sono rimasto letteralmente affascinato dalla maestosità di Urbino, dalla poesia di Gradara e la vivacità di Gabicce. E quello che più mi piace è che tutte queste meraviglie sono divise da una manciata di chilometri».
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