Giò Pomodoro torna nel Montefeltro
a 16 anni dalla morte: «Grande dono»

Giò Pomodoro torna nel Montefeltro a 16 anni dalla morte: «Grande dono»
di Eugenio Gulini
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Venerdì 20 Aprile 2018, 13:36
A 16 anni dalla sua morte (Milano 2002), Giò Pomodoro, torna nella sua terra, il Montefeltro (è nato e vissuto per 18 anni a Orciano), con una mostra irripetibile e opere mai esposte altrove. Dei gioielli unici.

Una mostra irripetibile
«È un dono pressochè straordinario ritrovare le sue opere in un contesto come Palazzo Ducale – ha rimarcato Marisa Zattini, curatrice dell’evento – L’aforisma di Eraclito “Panta Rei (tutto scorre)”, prescelto a titolo per questa mostra urbinate, riflette sull’impermanenza delle cose e sul loro eterno divenire. Ciò – continua Zattini – evidenzia altresì come ogni esperienza umana sia sempre unica e irripetibile poiché ogni cosa, nella sua realtà apparente, è sottoposta alla legge inevitabile della trasformazione». Nel Palazzo e nella Corte più «belli d’Italia», sono ospitate 26 sculture fra marmi, bronzi e poliesteri, alcune di dimensioni eccezionali. A completamento, camminando tra il geometrico Cortile d’Onore, le sfavillanti Soprallogge e gli intriganti sotterranei, si possono ammirare 13 ampie carte dipinte a china, alcune delle quali inedite, strettamente connesse, come sottolinea Zattini, «al ciclo delle “Tensioni” e delle “Folle”, alle quali il progetto espositivo è interamente dedicato». Gongola il direttore della Galleria nazionale delle Marche, Peter Aufreiter, il vero e moderno “Duca” del XXI secolo di Palazzo Ducale (+ 40% di presenze rispetto lo stesso periodo del 2017).
La soddisfazione di Aufreiter «La consapevolezza di un passato straordinario come quello rinascimentale, che l’intera Urbino testimonia e non solo quest’angolo, si unisce nel dialogo con la contemporaneità attraverso l’eccezionale occasione che oggi si presenta di ospitare, nel suo cuore pulsante, ordunque il Palazzo Ducale, l’opera scultorea dell’illustre marchigiano Giò Pomodoro, la cui fama internazionale, via via crescente a partire dagli anni Sessanta, le sue opere sono installate in qualsiasi città del mondo, non mette in conto di essere discussa. Da sempre l’arte – ha concluso Aufreiter – vive in costante dialogo fra passato e presente: occorre averne piena consapevolezza per mantenere vivo il tessuto culturale di una città. Io questo dialogo lo porto avanti da anni tanto da quintuplicarne la bellezza di Urbino stesso».

La commozione del figlio
«Questo appuntamento – ha riconosciuto il figlio di Giò, Bruto Pomodoro – avrebbe emozionato mio padre, molto legato a questa terra a cui volgeva sempre sentimenti profondi. Nella sua bottega aveva due grandi maestri: la “Pala” di Piero della Francesca e il portale d’accesso alla chiesa di Santa Maria Novella ad Orciano, attribuito a Raffaello». Davvero accattivante la lezione di Emilio Mazza, dell’Archivio Giò Pomodoro e docente di filosofia allo Iulm: «Giò Pomodoro è poesia perchè non c’è scultura senza arte poetica, L’artista è trama e ordito in una fluidità del tempo continua e i titoli de La sua lingua parla a tutti e non è certo di quelli che cercano l’oro, scavano molto e trovano poco». La mostra resterà aperta fino al 15 luglio.
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