Andrea Rivera, risate e canzoni
"Solo come un cane" alla Rotonda

Andrea Rivera, risate e canzoni "Solo come un cane" alla Rotonda
di Stefano Fabrizi
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Venerdì 4 Maggio 2018, 12:35
Andrea Rivera, classe ’71, romano de Roma, doveva fare il geologo, ma tra le galleria che studiava il padre Liborio ha preferito intraprendere la vita dell’artista di strada rischiando così i sanpietrini. Sguardo indagatore, mente sempre in attività, ottima cultura (diversamente non puoi fare il comico) e loquace: eccolo il Rivera che nel ’99 (dopo 12 anni di osterie, angoli trasteverini e non solo) debutta al Teatro Belli della Capitale e nel 2004 prende la menzione della giuria del Premio Gaber per “talento e coraggio”. Ed è il 2004 l’anno della svolta: arriva in tv con Serena Dandini e approda al cinema con “Dentro la città” di Costantini per proseguire anche con le fiction. L’intervista è un continuo calembour: se intravede la battuta è più forte di lui… la deve dire.

Lei si definisce un artista di strada, com’è che è finito in tv?
«Per evitare i sanpietrini… e perché dopo aver avuto la citazione al Premio Gaber si sono aperte nuove possibilità e per chi vuole comunicare più ce ne sono e meglio è».

Gaber. Un maestro!
«Non solo per me. Ha anticipato, precorso, inventato: era il Signor G e non ce n’erano altri».

Daniele Luttazzi, Giorgio Montanini e Alessandro Bergonzoni, chi sente più vicino?
«Per il modo di giocare con le parole sicuramente Bergonzoni, anche se lui è più cerebrale».

Tra il cantautore e il comico qual è l’anima che prevale?
«A volte si fondano. Altre no. Quando affronto temi seri come il divorzio visto dalla parte degli uomini, sono terribilmente serio. Nel divorzio siamo abituati a prendere sempre le parti delle donne, ma ci sono storie terribili di persone ridotte sul lastrico e private dell’affetto dei figli: occorrerebbe più equità. Mentre altre mi diverto come con la canzone scritta con Mannarino e presentata al primo maggio a Taranto nella quale immaginiamo un Che Guevara che si rompe di stare sulla magliette e vuole ritornare a fare il medico e il rivoluzionario».

Cita la manifestazione di Taranto di quattro giorni fa, che ricordo ha del primo maggio del 2007 dove ricevette l’anatema della Chiesa per un monologo sulla gerarchia ecclesiastica?
«Altri tempi. Ora con Bergoglio sono sicuro che non sarebbe successo nulla. Allora mi costò l’allontanamento dalla tv di Stato. Poco danno. Ho continuato a fare il mio lavoro. Ora ho rifatto capolino su Rai3. Vediamo cosa succederà».

Come nascono canzoni e monologhi, sempre prendendo spunto dalla realtà o da qualche incubo notturno?
«Ho sogni bellissimi. Gli unici incubi sono quelli che ho vedendo la quotidianità».

Tante le trasmissioni in tv che vogliono lanciare nuovi comici.
Cosa ne pensa?

«Basta vederne alcune e la risposta c’è già. Mancano le idee. C’è un rimescolamento e tutti rubano a tutti. Difficile trovare testi originali. Mi è capitato che alcune mie battute siano state copiate da attori anche famosi. È una tristezza: io sottopagato e loro fanno business. Sarebbe bello invertire la situazione: per chi paga è lo stesso risultato, per me no».

Cosa vedranno oggi e domani gli spettatori che verranno alla Rotonda di Senigallia?».
«Non ne ho idea. Un canovaccio c’è, ma non è detto che lo rispetti. Anzi, non lo seguo quasi mai facendo impazzire il fonico. E poi più che il canovaccio è preferibile seguire Canavacciuolo… si mangia e si fanno soldi. Magari mi invento un format: Master-Schemo».

Delle Marche cosa conosce?
«Sono stati in molti luoghi. Tutti belli. Un mio carissimo amico, che è proprio di Senigallia, mi ha detto perché non mi trasferisco qua. Non potrei: sono romano e non si abbandona la nave mentre affonda. Intanto ho proposto alla sindaca una soluzione (da mancato geologo) per come risolvere il problema delle buche: farne altre e portare tutto al… pari».
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