Il grande Gioachino stasera alle Muse
Domani pomeriggio ci sarà la replica

Il grande Gioachino stasera alle Muse Domani pomeriggio ci sarà la replica
3 Minuti di Lettura
Venerdì 13 Ottobre 2017, 15:48 - Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 17:13
Con una brillante compagnia di giovani interpreti formatisi all’Accademia Rossiniana di Pesaro, “Il barbiere di Siviglia” va in scena questa sera al Teatro delle Muse (alle ore 20,30), con replica domenica, in pomeridiana (alle 16). Finalmente dunque abbiamo ospite nel nostro bel Teatro il grande Gioachino, e con il lavoro in musica suo più celebre, universalmente noto e amato dai pubblici di tutte le latitudini.

“Il barbiere” è la cartina di tornasole dell’estro spigliato e scattante del compositore, le sue note si sviluppano in una direzione diversa dalla classica compostezza del teatro settecentesco: la gioia spumeggiante di una musica di incomparabile scorrevolezza e brio, con la coinvolgente novità di un “crescendo” orchestrale subito avvertibile in tutta la sua incalzante esuberanza ritmica, in una felicità piena di sonorità accese e scoppiettanti, scandisce in via del tutto nuova i tempi dell’azione scenica. Ma attenzione: l’opera è giustamente denominata “commedia” (in due atti, su libretto del poeta e musicista romano Cesare Sterbini). A differenza infatti dell’opera sua precedente “L’Italiana in Algeri”, il titolo più di spicco dei primi saggi di palcoscenico improntato alla categoria saliente del “buffo”, l’espressione terminale più alta del puro spirito della farsa all’insegna del “nonsense” e del libero “divertissement”, legata alla meccanicità fissa e ricorrente delle vecchie maschere sceniche, da commedia dell’arte, nel “Barbiere” i personaggi possiedono una ben più evidente e libera fisionomia caratteriale, denotano una verosimiglianza rispetto alla vita reale che li rende più umani e credibili. 

Figaro, il personaggio centrale dell’opera, con le sue doti di abilità e di inventiva, di prontezza e disinvolta furbizia, è in questo senso il personaggio nuovo dei tempi nuovi, di un Rossini proiettato ormai nel nuovo secolo, l’Ottocento. La stessa Rosina, primadonna contralto-mezzosoprano (ma anche soprano all’occorrenza, e senza scandalo da parte del compositore), rivela il suo carattere di donna intraprendente e moderna, che sa quello che vuole; il suo spasimante Conte di Almaviva d’altro canto, un Grande di Spagna sotto le mentite spoglie iniziali di Lindoro (funzionali al felice esito della trama sentimentale), si apre a lei con accenti amorosi virili e sinceri.
Un fiasco nel 1816
È fatto noto che l’opera, alla sua prima uscita al Teatro Argentina di Roma il 20 febbraio 1816, incorse in un grosso fiasco: da ricondurre sostanzialmente, più che alle contestazioni dei seguaci del conosciuto e più anziano collega Giovanni Paisiello, nel nome di uno stesso “Barbiere di Siviglia” musicato in precedenza da quest’ultimo e ancorato alle riposate cadenze del “secolo dei lumi” al tramonto, alle “novità” della musica e del canto contenute nel lavoro del Nostro, che rompevano le convenzioni della tradizione comica vigenti fino a poco prima. Ma fu lo “sconcerto” di una sola sera: nelle recite successive l’opera spiccò il suo aereo volo, verso un successo trionfale che continua ancor oggi. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA