Alessio Boni questa sera alle Muse
«Io che sono innamorato del mare»

Alessio Boni questa sera alle Muse «Io che sono innamorato del mare»
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Venerdì 27 Ottobre 2017, 18:42
Al mare, Alessio Boni dedica un’intensa interpretazione teatrale, “Lo stesso mare”, stasera alle Muse alle 21. «Una felice coincidenza, per me – esclama Boni, mentre gli si illumina lo sguardo di mare – debuttare finalmente questo spettacolo al Festival Adriatico Mediterraneo». Programmato per “La Notte dei Poeti”, l’estate scorsa a Nora, era andato in scena con altri interpreti, perché Alessio aveva dovuto mollare per un disturbo al pericardio.

Bello spavento! Tutto risolto?

«Per fortuna, sì. I medici mi hanno rassicurato. Ma è stata una brutta esperienza. E per rinunciare io, che ho recitato anche con 40 di febbre, vuol dire che stavo davvero male».

Intanto si gode il successo che ha riscosso a Roma la sua ultima interpretazione…

«Un film bellissimo, “La ragazza nella nebbia”, che ti tiene col fiato sospeso fino alla fine, girato da padreterno da Carrisi».

Lo spettacolo. Com’è successo che un attore bergamasco si è innamorato del mare?

«L’ho sempre adorato, voleva dire la fine della scuola, le vacanze. In Italia, se non vivi sul mare, devi andarci: per quanto stai lontano da lui, ti richiama. Per me, è sempre stato un regalo meraviglioso. E sì che da Bergamo, prima di arrivare in Liguria o sull’Adriatico, ne devi fare di chilometri, non è uno scherzo».

Animano questo suo spettacolo i versi di tanti poeti: per tutti “lo stesso mare”?

«Siamo composti per il 70% di acqua. E il mare, dall’Artico all’Antartide e dal Mediterraneo al Pacifico, è sempre lo stesso. I poeti ne parlano come di un’entità diffusa, comune. Con Giuseppe Conte, con cui ho selezionato i testi, non potevo limitarmi alla poesia italiana. Decine di poeti in tutto il mondo hanno scritto versi indimenticabili dedicati al mare, da Baudelaire a Emily Dickinson e da D’Annunzio a Nazim Hikmet. Il mare, come l’amore, è universale, dalle coste dell’India all’Alaska».

Nel suo viaggio nel mare dei poeti, che legame le è sembrato di riconoscere?

«Il movimento, il flusso delle maree, le correnti denotano una vita, anche un’animosità, che è metafora dell’uomo che si interroga. A un uomo come me, vissuto ai piedi dei monti e sulle sponde di un lago, immobile anche quanto tira vento, il mare trasmette una febbre vitale, la carica energetica per affrontare responsabilità e pericolo. I più grandi eroi si sono misurati con il mare: innamorati di lui, come Ulisse, anche quando ce l’hanno contro. È come un rapporto d’amore, o di vera amicizia».

È stato difficile scegliere? Che criterio avete adottato?

«Di pancia! Quello che ci colpiva di più! E l’abbiamo organizzato senza seguire un ordine cronologico. Ha un andamento ondoso e riflessivo, spudorato, istintivo, amaro e folle. Fa venire nostalgia dei banchi di scuola, con “A Zacinto” di Foscolo e con D’Annunzio. Qui ad Ancona, poi, lo spettacolo finisce sui versi di Francesco Mario Chirco, un vostro poeta forse meno noto, che sa esprimere bene la sonnolenza della città e il rapporto col suo mare. Ci ritrovo l’atteggiamento degli anconetani. Sono stato parecchie volte a recitare qui alle Muse e mi è rimasto nel cuore questo affaccio sul porto. Per questo sono felice che “Lo stesso mare”, per puro caso, salpi da qui”».

E la musica?

«Come le onde, la musica. Contribuisce all’andamento fluido della corrente dei versi. Due musicisti e una vocalist strepitosi». Sul palcoscenico solo voi? «Nel buio secco, musica, voce e parola, come su un piedistallo di cristallo».
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