Tra Umbria e Marche a regola d'arte
A spasso tra i cantieri firmati Giotto

Tra Umbria e Marche a regola d'arte A spasso tra i cantieri firmati Giotto
di Maria Cristina Benedetti
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Mercoledì 9 Maggio 2018, 12:59
Il filo dell’arte che riannoda gli strappi, ricuce ferite e lega territori costretti a piegarsi allo stesso destino: l’assillo di un terremoto che sembra senza fine. E sono antiche bellezze che talvolta resistono agli sconquassi della terra, altre volte no. Ma guai a dimenticare, come suggerisce il viaggio alla scoperta dei “Capolavori del Trecento”. Presentato a Scheggino - piccolo borgo umbro della Valnerina ad appena 38 chilometri da quella profonda ferita marchigiana che è Visso - il percorso partirà dallo Spazio Arte Valcasana e metterà insieme Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo. Gli itinerari - degno corollario della mostra che dal 24 giugno al 4 novembre animerà Spoleto, Montefalco e Trevi - hanno un solo traguardo: ricreare l’identità culturale d’un territorio al di là della convenzione dei confini geografici. Una sintesi che è già incisa nell’organizzazione: se la curatrice è l’umbra Vittoria Garibaldi, la sua spalla è il marchigiano Alessandro Delpriori, studioso d’arte che è anche sindaco di Matelica.



La rete
E allora, che cammino sia, attraverso i ventinove comuni disseminati in quattro regioni, di cui 19 in Umbria, con 72 chiese e circa 125 tra opere e cicli pittorici. Via, lungo la Valnerina, ma anche attraverso il Folignate e lo Spoletino, Nocera Umbra, Fossato di Vico, alcune zone del Ternano e poi la provincia di Macerata, il Reatino, L’Aquila e il suo circondario. Non tutto sarà visitabile, a causa dei danni del terremoto, ma in quei casi il contesto rafforzerà idealmente il principio di questa mostra che lega tesori e umanità.



I tesori
Come un viaggio nel cantiere di Giotto, attraverso Spoleto e l’Appennino, l’iniziativa punta a valorizzare lo straordinario patrimonio artistico che si espresse in Umbria e contagiò le terre di confine. Le Marche, appunto. Settanta opere saranno ospitate in quattro sedi: a Trevi, nella Raccolta d’arte di San Francesco; a Spoleto, nel Museo diocesano-Basilica di Sant’Eufemia e nel Museo nazionale del Ducato; a Montefalco, nel Complesso museale di San Francesco. E si potranno ammirare significative testimonianze della pittura trecentesca, come il “Dittico Cini” proveniente dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia e il “Dittico Poldi Pezzoli” dal Museo Poldi Pezzoli di Milano, opere del Maestro della Croce di Trevi; il “Dittico reliquiario” dal Victoria and Albert Museum di Londra e il “Trittico con Incoronazione della Vergine” dal Museo Marmottan Monet di Parigi, entrambi del Maestro di Cesi. A Scheggino verranno presentati anche alcuni frammenti degli affreschi di San Salvatore a Campi di Norcia, gioiello dell’arte romanica crollato in seguito alle scosse di terremoto del 2016.

Sulle tracce
Naturale sottoinsieme, le Marche. Anche se Giotto non fu mai qui, i suoi modelli figurativi permearono questa terra grazie agli ordini religiosi, in particolar modo i francescani e gli agostiniani. Il bellissimo Crocifisso, dipinto da Giotto nel 1300 circa per la chiesa francescana di Rimini e tuttora conservato nel Tempio Malatestiano, fu raffigurazione di riferimento per un’intera generazione di seguaci attivi nelle Marche. Le prime testimonianze risalgono al primo decennio del secolo e riguardano il Montefeltro - dove nel 1300 giunse la più antica Croce dipinta da Giovanni da Rimini per gli Eremitani di Poggiolo, l’attuale Talamello - e Massa Trabaria, ora Mercatello sul Metauro, dove per la Chiesa di San Francesco lo stesso Giovanni realizzò un altro Crocifisso. A Urbania fu invece protagonista la creatività del fratello di Giovanni, Giuliano da Rimini, che realizzò la Madonna con Bambino in trono per l’Oratorio del Carmine.
E per mano di uno dei due fratelli vennero decorate la chiesa francescana di Fermo e di San Marco a Jesi. Su questa mappa preziosa immancabili riferimenti sono pure la Chiesa di San Francesco a Cagli e il complesso figurativo del Cappellone di San Nicola a Tolentino, che narra le storie del santo.



La scommessa
Sì, il filo dell’arte riannoda gli strappi, ricuce ferite e lega stretti territori. Dal fronte umbro, l’assessore regionale alla Cultura Fernanda Cecchini mette il sigillo: «Questa mostra forse ci sarebbe stata ugualmente, ma coincide con un momento di rinascita e rappresenta l’occasione di ricostruire l’identità di queste zone: sarà una grande scommessa per il territorio ancor prima che per il turismo». Guai a dimenticare.
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