Frontino, tutta la serenità dell'otium
dove sventola la Bandiera arancione

Frontino, tutta la serenità dell'otium dove sventola la Bandiera arancione
di Lucilla Niccolini
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Mercoledì 6 Giugno 2018, 13:33
Per una volta, occorre fermarsi. Senza mete da raggiungere, se non la calma che lentamente si diffonde dalla testa al cuore, mentre il respiro si fa più regolare, cadenzato, lieve. Far scorrere lo sguardo senza obiettivi concreti, lasciando che gli occhi seguano il tracciato che fanno i monti contro il cielo, si perdano sulle quinte sovrapposte di colore digradante delle colline, dal monte Carpegna al Catria, al Sasso Simone, fino a questo verde che stormisce nel vento d’Appennino oltre la balaustra di mattoni.
Siamo a Frontino, il mondo è altrove. Uno dei borghi più belli d’Italia, all’ombra della Bandiera Arancione, è avamposto difensivo dell’anima, il balcone affacciato sulla scoperta di una serenità ritrovata. Abbassata la saracinesca sul negotium della quotidiana ricerca di conferme alla nostra perizia multitasking, si allarga il piacere dell’otium. Non è inutile ozio come l’intendiamo volgarmente: è vacanza/studio della nostra intimità.



Il laboratorio
Frontino è una delle cento località elette a “laboratorio” dell’Otium nel Montefeltro, un ideale che ha assunto le forme di un progetto. «È il mio regalo al Montefeltro - sostiene Giampiero Bianchi, che ne è l’ideatore - Ho messo a disposizione di questa terra la mia competenza in comunicazione per risvegliare l’interesse del mercato turistico/culturale. È incredibile quanto poco sia conosciuto questo territorio, il valore aggiunto che custodisce. Luoghi in cui scoprire un volto nuovo del nostro tempo libero». Otium.
Il progetto, tra l’altro, punta a catalizzare l’attenzione su strutture ricettive, resort e B&B, ambientate in dimore e cascine recuperate e arredate col gusto della tradizione, dove le moderne, indispensabili comodità sono integrate nella difesa che solo le pietre antiche sanno offrire. Tra le iniziative che lungo l’anno si rincorrono, Frontino ospiterà, nel weekend dal 30 giugno al 1° luglio, un workshop terapeutico: cinque incontri di gruppo sul tema “Legami che feriscono, legami che guariscono”. La tecnica seguita sarà quella dello psicodramma analitico, condotto dal dottor Maurizio Cottone, alla Locanda Le Querce (giampb.wixsite.com/otiumnelmontefeltro/locanda-le-querce Email: ass.itaca@gmail.com). Workshop più pernottamento e colazione, 160 euro. Iscrizioni entro il 25 giugno.
La sacralità di questa natura si conserva nel tempo: ispirò il Santo poverello a fondare nel 1213, a due passi da qui, il convento di Montefiorentino, uno dei più grandi delle Marche. E qui Carlo Bo decise nel 1981 di ambientare un premio che richiama tuttora, a settembre, intellettuali e cultori dell’arte e del territorio, a godere della quiete del chiostro e delle sale. Nella chiesa, risuona l’organo seicentesco e brilla di luce rinascimentale la Cappella dei conti Oliva, con la pala d’altare del padre di Raffaello, Giovanni Santi, e con l’eleganza dei sepolcri scolpiti nel marmo.



Il tempo ritrovato
Chi è stato una volta a Frontino, vuol tornarci. Restano indimenticabili le passeggiate sulle pietre strappate secoli fa al ruscello Mutino, nel fondovalle, per lastricare la strada che taglia in due l’abitato e i vicoli decorati di gerani rossi. E a chi parte rimane la voglia di tornare. Per respirare un’atmosfera antica, ma anche per addentare il bustreng, dolce tipico locale che profuma la colazione di ogni B&B, confezionato dalle mani sapienti di donne che, come Federica Crocetta, hanno scelto di dedicare la naturale premura al benessere degli ospiti. Si torna sempre, condotti dalla nostalgia del tempo ritrovato.



Mulino di Pontevecchio
Si arriva a Frontino seguendo il corso del Foglia da Pesaro sulla strada provinciale fino a Lunano, da dove prosegue lungo il corso del Mutino. Prima di salire al borgo, sulla destra si trova il mulino di Pontevecchio, di origine trecentesca, difeso da una torre di guardia. Ospita il Museo del Pane, dedicato alle attività connesse alla molitura e alla panificazione: due vecchie macine in pietra, azionate a elettricità, e una più antica, ad acqua. Da qui parte un camminamento sotterraneo che sale agli scantinati del quattrocentesco palazzo Vandini Malatesta.
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