Cristini: «Per stare bene a tavola
contano i cinque sensi e la passione»

Cristini: «Per stare bene a tavola contano i cinque sensi e la passione»
di Elisabetta Marsigli
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Lunedì 5 Febbraio 2018, 17:38 - Ultimo aggiornamento: 17:51
Bere e mangiare bene al ristorante non è affatto un assioma scontato: la genuinità dei prodotti, la cura e la competenza dovrebbero essere gli ingredienti principali di ogni esercizio, ma non sempre vengono rispettati o non si trovano contemporaneamente. E non basta vantarsi di una cucina a km0: in questo caso, infatti, il prodotto viene consegnato al ristoratore, rimanendo avulso dal contesto da cui proviene. Secondo il noto enogastronomo marchigiano Giuseppe Cristini, il cm0 invece, richiede un diverso approccio tra le due parti: «Avviene quando si lascia il proprio ristorante per andare a curiosare a casa del produttore, nel vigneto, nella stalla o nel caseificio, per scoprirne i metodi di lavoro, la sua terra, il suo habitat e la passione con la quale realizza i propri capolavori». In questo modo, la lavorazione finale sarebbe intrisa di sapori profondi che incarnano l’essenza stessa del prodotto.



Rilanciare la nostra ristorazione
Fare vino o aprire un ristorante non deve essere una moda, ma una scelta di vita, un gesto d’amore: «Per rilanciare la ristorazione nelle Marche e in Italia, - prosegue ancora Cristini - occorre instaurare un “gentlemen agreement” tra il cliente e le imprese del food&wine: in una esperienza sensoriale a tavola, conta l’impatto emozionale e, se vengono sfiorati i cinque sensi più un sesto che è la passione, allora il capolavoro è davvero perfetto». Il futuro della cucina marchigiana dovrebbe dunque puntare su un’estrema attenzione ai frutti del territorio: non vi può essere tradizione vera nelle ricette senza un buon utilizzo dei prodotti tipici. L’attenzione all’estetica sta via via tramontando ed avere, in cucina, personale che si occupa solo ed esclusivamente della preparazione di un determinato piatto è ormai sul viale del tramonto: «La grande creatività e competenza di nomi illustri comincia a pesare nelle casse di una ristorazione di qualità che, in Italia, fatica a sopravvivere: pensate ad un ristorante nel centro storico di una città che, tra affitto e chef, può pagare fino a 8.000 euro al mese. Oggi, il consumatore attento è sempre piacevolmente predisposto per il ristorante ma desidera mangiare molto bene e pagare per quello che mangia e non per l’arte astratta di uno chef». Chiaramente si tratta di una visione soggettiva dell’universo cucina. Ma la cucina è anche cultura e deve essere in grado di raccontare il territorio che rappresenta, in una condivisione di gusto e di sapori.

I vini marchigiani
Tra produttori servirebbe sempre assaggiare i vini degli altri, fare comparazioni, studiare i mercati e non uniformare le etichette, organizzare incontri tra ristoratori e vignaioli e studiare piatti differenti per vini della nuova annata. «Il concetto di qualità nel vino - sempre secondo Cristini - oggi ha un volto nuovo: la rinascita del vino marchigiano è legata soprattutto alla rivalutazione di vini ricchi di frutto e piacevole eleganza, dove il tannino accarezzava sempre con morbidezza le bocche dei neofiti. Una ricerca che si è evoluta: profumi intensi, ma immediati, estremamente naturali, gusto poco impegnativo e semplicemente buono, dove il protagonista non è il vino in senso assoluto ma la persona che lo beve». La cucina moderna, sempre più semplice e immediata, sempre più ricca di verdure, pesce e cotture veloci, richiede vini semplici, di pronta beva. I prodotti che più si identificano con queste esigenze sono i vini spumanti, charmat o metodo classico, entrambi in forte crescita: il perlage dovrà essere fine e persistente ma caratterizzato da una spuma cremosa, accattivante, anche nelle forme più semplici. «Le bollicine rappresentano un grande e vasto campo negli abbinamenti – chiosa Cristini - gli spumanti ed i rosati oggi sono l’icona della piacevolezza e della facilità di beva: “easy wine”, le icone monumentali dei grandi rossi sono al tramonto, un tramonto con colori rosati!» .
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