Lo chef Luca Cavallini e l'emergente
Marta Sbaffi: il veterano e la promessa

Lo chef Luca Cavallini e l'emergente Marta Sbaffi: il veterano e la promessa
di Agnese Testadiferro
5 Minuti di Lettura
Sabato 1 Luglio 2017, 12:43
Migliorare e sperimentare, sempre. Il motto in cucina è ovunque lo stesso. Che sia pronunciato da uno chef con pluriennale esperienza o da chi ambisce ad averla. Da una parte il veterano Luca Cavallini, di San Severino Marche, che è stato insignito del premio Miglior Chef Bio nell’ambito di Chef Awards. Dall’altra l’aspirante Marta Sbaffi, di Recanati, che ha frequentato il Master della Cucina Italia 2017 e da martedì è tra i fornelli al fianco dello chef Philippe Léveillé (due stelle Michelin).



Madre terra
Sfogliare libri di cucina, farsi una propria idea, riempire e svuotare bilance alla ricerca del giusto mix, uscire fuori e cercare l’ispirazione osservando meglio le Marche. Da un occhio diverso, da quello di chi si siede al tavolo e ordina con aspettative sempre più alte o da quello di chi cerca una storia da poter raccontare. «Ho trent’anni, e ho scoperto di amare la cucina sette anni fa, quando capii che l’Accademia delle Belle Arti non faceva più al mio caso. Posso ammettere però che ho trovato nella cucina l’espressione della mia arte. Dire che ho le idee chiare su come impostare il mio stile, sarebbe una bugia, ma di un cosa sono certa - racconta Marta Sbaffi, classe 1986 - La materia prima sarà sempre superiore alla mia tecnica». Una frase che le è stata più volte ripetuta dagli chef stellati che l’hanno guidata negli ultimi cinque mesi al Master. E poi, «mai perdere la sensibilità nei confronti del prodotto che si ha davanti», il secondo must che ha appreso. «Questi due concetti sono stati il fil rouge e il fattore comune che ho carpito dai miei insegnanti speciali». In lei, inoltre, c’è anche «uno spiccato interesse verso i vegetali, e nella pasta all’uovo, nella quale mi sono specializzata». Anche chi da oltre vent’anni è alla guida di un ristorante ha come un costante guanto di seta alle mani. «I palati vanno abituati al vero gusto dei prodotti della nostra terra, senza far confondere sapori e profumi. Sembrerà banale, ma non è un aspetto da considerare scontato», sottolinea lo chef Luca Cavallini che dal 1993, con il fratello Simone in sala, è l’anima della cucina del ristorante “Cavallini” a San Severino.



La filosofia del km zero
«Raccontare le Marche è bellissimo, ma in pochi riescono ad identificarla geograficamente. Eppure - riflette Sbaffi che fino a dicembre è tirocinante al “Miramonti l’Altro” di Concesio (Bs) - quando si iniziano ad elencare e servire prodotti nostrani questa regione non lascia spazio a fraintendimenti». Tra tante varietà che offe il territorio da portare in tavola, «la difficoltà sta nella selezione del prodotto. Occorre avere un rapporto di estrema fiducia con il produttore, conoscerlo bene e sapere il suo modo di lavorare e quindi la vera filiera. Lo chef deve sapersi imporre come filosofia e deve anche farlo con determinati prodotti. Deve saper raccontare cosa ha preparato e perché ha fatto una scelta piuttosto di un’altra» puntualizza Cavallini. La cucina «è assemblaggio. È, insomma, un gran lavoro!». Ma, il vino gioca la sua parte. L’abbinamento food&wine, parola di chef, non va sbagliato. La curiosità è l’arma vincente che sta, anche, dietro ogni carta di vini di tutto rispetto. «Anche la carta dei vini che accompagna i miei menu ha un suo perché».
«Dal Vinitaly ad oggi sono state cambiate oltre dieci etichette e tutte orientate sul biodinamico», afferma Luca, orgoglioso del lavoro di ricerca che negli anni sta svolgendo il fratello Simone Cavallini, sommelier.

Step by step
Regola numero uno. Citando l’architetto Ludwig Mies van der Rohe, less is more. «In cucina meglio togliere che aggiungere. In un piatto gli ingredienti principali non dovrebbero superare il numero tre», precisa Cavallini. E poi, per curare al meglio i dettagli in sala, lo spazio deve essere ben studiato, «meglio qualche posto in meno, ma più spazio intorno ai tavoli e più attenzione verso il cliente». Un giorno «un ristorante tutto mio lo vorrò anche io - sorride la giovane promessa Sbaffi che intanto è nella partita degli antipasti nel ristorante stellato di Léveillé - ma so che la strada sarà lunga perché ho tutto da imparare. Intanto faccio miei i tesori che ho accumulato in questi pochi anni, come quelli appresi durante le mie esperienze al ristorante I Gelsi di Sambucheto e alla Trattoria Del Gallo a Bologna. Dovendo fare un nome mi sento di dire che il mio primo maestro è stato Marco Perez, docente al Master. Mi sono inoltre trovata molto in linea, sempre durante i cinque mesi di formazione, con lo stile di Fulvio Pierangelini, Riccardo Camanini e Paolo Lopriore». Marta, che adora sperimentare le trattorie, vorrebbe dedicare più tempo «a conoscere il tessuto sociale di specifici territori per poter «essere in grado di realizzare una cucina che sia lo specchio della società. In sintesi, vorrei poter fare una “cucina sociale”». La realtà, va nel III millennio, anche interpretata con la lente del virtuale. «Lo stimolo a far meglio arriva anche dal web», Cavallini docet.



«Il cliente sa stimolare il nostro lavoro»
Tra web, allergie, intolleranze e recensioni varie, fare il ristoratore sta diventando una sfida. «Oggi si è di fronte ad una clientela sempre più eterogenea in cui esigenze ed aspettative sono all’ordine del giorno osserva lo chef Luca Cavallini - eppure, nonostante l’aspetto “complicato” il cliente sa stimolare il nostro lavoro». Tra gli stimoli vi sono quelli che passano attraverso i blog, i social network e i tanto temuti giudizi che arrivano, in particolare quando sono negativi, sempre puntuali come un orologio svizzero. «Leggere commenti e veder i piatti fotografati scorrere tra le pagine di siti, giornali, e profili social …fa molto piacere! Ciò significa che si è osservati, e qualsiasi critica, positiva o negativa che sia, è, per il mio punto di vista, sempre costruttiva», afferma lo chef che, nel 1993, battezzò il ristorante Cavallini insieme alla moglie, professoressa, Paola Cutrini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA