Non è la solita minestra: il brodo
piatto cult dei macellai marchigiani

Non è la solita minestra: il brodo piatto cult dei macellai marchigiani
di Véronique Angeletti
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Sabato 20 Gennaio 2018, 15:25
Caldo, fragrante, saporito. Ambiguo, il brodo. È ovunque. Piatto da re nella tradizione delle feste e, nelle usanze, un corroborante per malati e degenti. Vanta una storia ancestrale e si esegue come un rito nella scelta delle sue carni, degli odori, della pasta che lo conferma primo piatto, delle salse e verdure che fanno delle sue carni lessate un intelligente secondo.

Tutto merito di Eva
Va detto che il brodo in ogni caso non è la solita minestra. Nasce addirittura da una leggenda la cui protagonista è Eva, afflitta e malata. Dio, per aiutare la progenitrice del genere umano, le inviò allora l’arcangelo Raffaele con in dono una cassetta colma di tutte le medicine del mondo. Al malato era sufficiente aprirla per ottenere il giusto rimedio e ad Eva toccò un piccione da cui la donna ricavò un brodo e guarì. Della cassetta, si dice che, per colpa di Caino e Abele bambini, si rovesciò sulle erbe, che da quel giorno divennero salutari, e nella memoria dell’uomo, il brodo di piccione, una panacea universale. Intanto basta con il detto che «tutto fa brodo». Anzi, è proprio il contrario. Parola di macellai, soprattutto quelli del quartiere, i pezzi da bollire vanno scelti con cura. Nel Fermano Giuseppe Vitali, proprietario con Olivio Pieragostini di “Carni fresche marchigiane” a Porto San Giorgio (0734676518), consiglia per un buon brodo di usare le punte di petto, il muscolo, la costata «il taglio esterno del lombo di spalla - precisa - le parti cosiddette della scoperchiatura» e il “cappello del prete”, taglio sempre di spalla leggermente venato di grasso. Antonio Traini della “Macelleria Traini” in corso Vittorio Emanuele ad Ascoli Piceno (0736261736) ricorda che la scelta rimane soggettiva. «È una questione di gusti. L’importante è capire se il cliente vuole un brodo magro o grasso. Consiglio sempre muscolo di vitellone, biancostato di pancia, guancette e lingua di testina di vitello, nervi di zampa, qualche fetta di coda e l’aggiunta di gallina». Nel Montefeltro, la ricetta del brodo del macellaio è unica. La storica macellaia Iolanda Pierantoni di Borgo Pace - paese oggi senza bottega delle carni - il brodo deve essere fatto con la carne vaccina, una gallina ruspante, la lingua, la coda e la guancia del vitellone. «Sappiamo che ad alcuni fa senso - commentano tutti - ma sono parti che conferiscono un sapore particolare apprezzato solo dai veri buongustai».



Un amore di lesso
Comunque se il brodo non è proprio arte culinaria, tutto quello che gira intorno a lui lo è. L’olfatto detta il dosaggio di sedano, carota e pomodoro mentre il palato guida la preparazione delle salse che fanno da scorta alle carni lessate. Nel Nord Italia le salse del bollito sono dodici e mai meno di sette, mentre nelle Marche si gioca molto sulla salsa verde e l’uso della maionese. Nell’Anconetano però, a Santa Maria Nuova, nel suo laboratorio artigianale “Pierre Dolce al Cuore”, al numero 4 di via Amandola (3333723498), lo chef pasticciere e maestro canditore Riccardo Pelagagge propone una mostarda di frutta elegante e innovativa. È finora l’unica mostarda marchigiana ed è il risultato di una proficua collaborazione con la facoltà agraria della Politecnica delle Marche. «Candiamo la frutta nel rispetto della sua maturazione. Iniziamo con le fragole, poi è il momento delle prugne e proseguiamo inseguendo le stagioni».
Il risultato è una combinazione audace e strepitosa di frutti canditi dove l’arancia, il limone, la clementina, il cedro, la ciliegia, la pera, la fragola, la prugna uniti allo zucchero, l’aceto di mele e la senape intrecciano il dolce al piccante ma non troppo.



La pasta delle feste
Ma in assoluto è come primo piatto che il brodo la fa da padrone nella nostra regione. Scrigno ideale di passatelli, pasta reale, stracciatelle, tortellini e i marchigianissimi cappelletti. A Senigallia, al 37 di via Rossini (0717924011), c’è il laboratorio artigianale “La Pasta all’Uovo” di Roberto e Francesca Manoni. Sono i degni eredi pastai della mamma Bruna Fava e festeggiano quest’anno le nozze di rubino con la loro clientela. Producono una pasta fresca dal sapore autentico. «Forse perché dal 1972 - commenta Roberto - non è cambiato nulla. Siamo rimasti attenti nella scelta delle materie prime e aiutati dai nostri figli rispettiamo gli antichi metodi di lavorazione». Il segreto risiede nella scelta di miscele di grano tenero e di semola che garantiscono quel ruvido che cattura il condimento senza che la pasta perda personalità, l’uso di uova di primissima scelta e, nei ripieni, una carne di alta qualità abbinata ad un Parmigiano Reggiano stagionato non meno di 30 mesi. Da una sfoglia che sembra tirata con il mattarello, ricavano piccoli gioielli: tagliatelle, tagliolini, lasagne, ravioli e tortellini. «Il mio ripieno prediletto - afferma Roberto - contiene mortadella. Sono perfetti con il ragù e veramente speciali nel brodo». Brodo che il mastro pastaio però, a dispetto dei macellai, consiglia di fare con la vaccina, il tacchino o meglio ancora un bel cappone.
 
I consigli in cattedra del professor Gasparini
Per Claudio Gasparini, professore di enogastronomia e cucina all’Istituto Alberghiero Panzini di Senigallia, il brodo marchigiano ha radici nella grande storia della mezzadria. Ai suoi studenti insegna la seguente ricetta: per 5 litri di brodo, in 10 litri di acqua fredda mettere 1 kg di carne di bovino adulto di II e III categoria (spalla, punta di petto, pancia, garretto), 1 kg tacchina o gallina o cappone, 1 kg ossa di bovino da spurgare in acqua corrente, 10 litri Acqua, 200 g carote, 200 g cipolle, 200 g sedano, 250 g pomodori da sugo,1 foglia d’alloro, 1 chiodo di garofano inserito in una cipolla e sale. Far bollire 3 ore a fuoco basso. Schiumare le impurità che emergono in superficie. A fine cottura filtrare il brodo, ridotto della metà rispetto al liquido iniziale. Utilizzare subito o raffreddare immediatamente. Il brodo si conserva in frigorifero al massimo per 2 giorni.


 
Spinosini al brodo di pesce magia dello chef Antinori
Se la pasta all’uovo marchigiana è sinonimo di qualità, del gusto e del modo di vivere delle Marche in parte è merito di Vincenzo Spinosi. Mastro pastaio noto per i maccheroncini di Campofilone Igp che ha inserito nei mercati di nicchia e per aver saputo innovare nella pasta all’uovo con gli “Spinosini”, la pasta fatta con uova prodotte da galline nutrite con cereali e olio di girasole, ricco di Omega 3 e vitamina E, che ricorda i fili quadrati di una chitarra. Paolo Antinori, chef del Fortino Napoleonico, li propone nel brodo di pesce realizzato con 150 gr di scampi e 200 gr di gamberi rosa puliti ma non sgusciati e 200 gr di verdure (carota, cipolla, topinambur e sedano) tagliati a pezzi grossolani. Dopo averli fatto bollire tre minuti in tre litri d’acqua, togliere i crostacei, sgusciarli e rimetterli nel brodo per altri 40 minuti. Aggiustare il sapore e filtrare. Nel brodo cuocere 250 gr di “Spinosini”, formare con una pinza delle matassine nei piatti, decorare con scampi, gamberetti e verdure e il brodo fumante. (www.spinosi.it)
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