Alberi secolari e tradizione: castagne
e marroni, finalmente ci siamo

Alberi secolari e tradizione: castagne e marroni, finalmente ci siamo
di Véronique Angeletti
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Sabato 7 Ottobre 2017, 15:35 - Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 17:12
Ottobre, mese dei pregiati marroni delle Marche, custodi dei suoi paesaggi. Un invito a mangiarli nelle feste e nelle sagre ma anche per raccoglierli nei secolari castagneti. Sulla graticola, bollite, al forno, secche e macinate, per secoli, le castagne sono state la principale risorsa dell’alimentazione della montagna. Oggi, non tolgono più la fame ma confinarle alle caldarroste in cartoccio o ai raffinati marrons glaçés sarebbe tradire il frutto che ha nutrito sull’Appennino la civiltà del castagno e dimenticare che, nel riccio dalle irte spine, si cela un tesoro per il palato, la salute, la tutela della biodiversità ed il paesaggio.
 
Marroni o castagne?
Tra i due, l’intenditore si sbilancia. «I marroni sono più grandi, hanno la buccia più scura e sono molto più gustosi» commenta il commerciante Antonio Camacci di Spelonga. Distribuisce i marroni dei Sibillini e dei monti della Laga. Con la siccità e il caldo torrido, sulla quantità non si pronuncia ma anticipa che avranno un sapore eccezionale. Nell’elenco dei prodotti tradizionali marchigiani c’è il marrone del Montefeltro, quello di Acquasanta Terme e quello di Roccafluvione. Nelle Marche, le “ghiande di Zeus”, frutto di un albero che, gli antichi romani, con il suo tronco corto e possente e la sua imponente chioma assimilavano al dio supremo reggitore dell’universo, si concentrano nelle selve leggendarie dell’Ascolano e del Fermano e nell’odierno paesaggio montano e di alte colline sono l’impronta lasciata dai monaci benedettini che, mille anni fa, diffondendo il castagno, impiantando sistemi agro-silvo-pastorali, hanno tutelato la biodiversità appenninica e creato quella gestione economica locale sostenibile che si sta cercando di ricreare.



Non mancano le sorprese
Con delle sorprese come quel castagneto di fianco al monastero camaldolese di Fonte Avellana a Serra Sant’Abbondio che sa di prodigioso poiché cresce in un luogo ombroso e radica in un terreno calcareo. «Castagne per i nipoti, olivo per i figli e vite per me» recita il detto. Perché «l’italico albero del pane» come lo chiamava il poeta Pascoli inizia a produrre solo dopo 15 anni «salvo se si innestano le vecchie piante» sottolinea il castanicoltore Ascenzio Santini, custodisce ad Umito frazione di Acquasanta Terme, un castagneto grande 8 ettari di oltre 2mila piante tra cui centinaia di alberi secolari. «Seleziono da 40 anni il marrone». Ospita spesso studenti dell’agraria e delle scienze forestali della Politecnica delle Marche. «Tre sono i cultivar: il Classico, il Rugoso strisciato e il Gentile, in assoluto il migliore, dal sapore dolcissimo e che si riconosce con la facilità con cui si toglie la buccia». Combatte senza sosta per proteggere gli alberi da malattie e da insetti. «I castagneti sono culture biologiche, ecosistemi fragili che si ammalano facilmente e la prevenzione è l’unico mezzo». Oggi, il marrone è un pregiato giacimento. «Sazianti, ricchi in carboidrati complessi, simili per valore nutritivo ai cereali, valida alternativa per le intolleranze e la celiachia, coprono del tutto la parte glucidica del pasto - spiega la dietista Simona De Introna del servizio degli alimenti e nutrizioni dell’Area vasta 3 - Inoltre sono un ottimo aiuto in caso di stanchezza psicofisica per il suo elevato apporto calorico (circa 287 calorie in 100 grammi)». Insomma i marroni sono gli alleati dell’intestino, del sistema nervoso, dei muscoli, delle ossa e della circolazione sanguigna.
Aiutano a ridurre il colesterolo, riequilibrare la flora batterica, rinforzare i muscoli. Ma attenzione, vietatissimi ai diabetici. Ad ottobre, sono pretesto per sagre, feste, passeggiate ovunque ma soprattutto nell’Ascolano e nel Fermano dove si concentra (dati Coldiretti) il 94 degli 800 ettari di castagneti su terreni agricoli. Territorio martoriato dal sisma che vede le coraggiose Pro loco organizzare feste decennali per accogliere golosi e curiosi.



Nella selva castagnile
Tra le tante feste dedicate al marrone da Rotella a Smerillo, da Arquata del Tronto a Montegallo, la capostipite Festa dell’autunno dei prodotti tipici della montagna di Acquasanta Terme. Alla sua 47esima edizione, si svolge il 14 e 15 ottobre e declina in un’infinità di piatti la castagna. L’occasione per raccogliere marroni ad Umito, nell’azienda di Ascenzio Santini, e ammirare il castagno “Piantò de Scroccò”, di forse mille anni, con una circonferenza di quasi 10 metri. Per chi vuole andare per bosco, il 28 e il 29 ottobre la Sagra mercato della castagna di Montemonaco propone passeggiate e accesso ai castagneti. Raccolta di castagne selvatiche sulle orme di San Romualdo per gli ospiti dell’Abbazia San Salvatore di Val di Castro a Fabriano. Stessa proposta a Lunano nell’agriturismo “I castagni della Pianella” tutte le domeniche di ottobre e novembre; porte aperte tutti i giorni dalle 9 alle 19 al “Castagneto sul Monte Pincio” in Valmarecchia.



Con tartufo e ricotta la magia è servita
Castagne lesse, tartufo e ricotta per “Gli Ippocastani” di Pergola con un bel tocco di guanciale (lo chef Marino Goffi adora il maiale) e rosmarino coltivato dalla moglie Doriana Mattioli. «La pasta per legare deve essere fatta metà farina di castagna e metà di grano - spiega Marino - Se diventano tagliatelle, mantecare in padella nel burro e tartufo; maltagliati, condire con guanciale rosolato e un trito di marroni lessati e pecorino marchigiano». Per secondo: un cuore di ricotta e marroni lessi, avvolto in fettine di guanciale e tacchino legati con lo spago. Rosolare nell’olio ed accompagnare con un trito di rosmarino e marroni scottati nel sugo dell’involtino.
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