Fritto Misto, appuntamenti speciali
ad Ascoli fino al primo maggio

Fritto Misto, appuntamenti speciali ad Ascoli fino al primo maggio
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Venerdì 28 Aprile 2017, 11:28 - Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 12:12
ANCONA - Amato dai faraoni - che lo assaggiavano già 2500 anni fa - è entrato nel gergo popolare con l’espressione “Vai a farti friggere” per essere eleganti con qualche scocciatore. Non serve scomodare le botteghe dei friggitori, citati anche dal poeta latino Marziale né Carlo Emilio Gadda con il suo «Se mi vede Cecchi, sono fritto»: quando si parla di questo metodo di cottura si pensa subito alla festa. A quella più divertente dell’anno, il Carnevale, dove trionfano le “chiacchiere” rosolate nell’olio o, come nelle Marche a quella appena trascorsa, la Pasqua, quando le cotolette di agnello e le olive ripiene mettono d’accordo tutta la famiglia intorno al desco.

A proposito dello sfizio più amato dagli italiani, da oggi e fino al 1° maggio Ascoli, che del fritto è la patria, ospiterà la kermesse più famosa d’Italia ad esso dedicata, “Fritto Misto”, da 13 anni occasione ghiotta per fare un giro del mondo con i vari tipi di fritture immersi nell’incanto di rue e piazze dall’antico fascino medievale. E magari conoscere un po’ di più questo tipo di cottura che se forse è poco amata da chi vuole restare in forma, magari con l’olio d’oliva e a piccole dosi, eleva l’umore e bene quindi fa allo spirito. Al corpo di conseguenza. Ma, si diceva, che fritta è buona ogni cosa.

Secondo la leggenda, anche una ciabatta. Figuriamoci le materie prime più buone, quelle a chilometro zero delle quali le Marche abbondano. In un rapido giro cominciamo dal mare per poi risalire. Un viaggio affascinante guidato dal nocchiero Federico Palestini - della Caserma Guelfa di San Benedetto - che come altri ottimi colleghi sarà tra i protagonisti in piazza Arringo. «Le origini del fritto - racconta scherzando - ? Che io ricordi la friggitoria di mio nonno, di fronte al mercato del pesce oggi piazza Pazienza a San Benedetto. Aveva affittato un androne, oggi che siamo bravi, si chiamerebbe street food. Ci friggeva le alici, le stesse che proporrò io con un filo di aceto balsamico. Perché per fare un buon fritto di paranza ce ne vuole. Innanzitutto dimenticatevi la vecchia “papalina”: con le leggi europee le reti sono così lasche che non si impigliano più o si rischiano multe salatissime. Al suo posto c’è chi serve all’occhio poco esperto, il pesce ghiaccio dell’Indocina. E poi attenzione anche ai calamari, schizzati a 20-30 euro al chilo, se costano troppo poco il prodotto importato è dietro l’angolo. Per stra tranquilli meglio andare sui roscioletti (le trigliette ndr) , i totanetti e le zanghette locali. Quelle chic presentano anche i gamberi rosa locali, non dell’Equador, e qualche merluzzetto. Tutta roba pescata qui davanti nel nostro mare. Un’altra volta poi racconterò della frittura ripassata, con cipolla e aceto, prelibatezza “del giorno dopo”, cara ai pescatori».

Dal mare in campagna, il passo è breve con i segreti della panatura raccontati da Sabatino Lattanzi del ristorante Zunica direttamente da Civitella del Tronto. Una sfida alla tempura che va tanto di moda e che a Fritto Misto si potranno confrontare. «La pastella è tutto - esordisce lo chef - d’altra parte il fritto deve fare allegria e cosa c’è di meglio delle coloratissime verdure? Friggo di tutto: foglioline di carote selvatiche e tarassaco, prezzemolo e pesce: ma faccio l’impasto di farina e acqua, lo faccio riposare in frigo così che s’incorpori il glutine per bene».

Ora, esaltare le doti di questa miscela altamente proteica ai giorni nostri, dichiarati ufficialmente “gluten free”, può sembrare una bestemmia culinaria ma se non soffriamo di celiachia conclamata proviamo a realizzarla per stupire i nostri commensali. «Dopo 24 ore l’impasto madre lievita - dice trionfalmente Sabatino - e si possono dorare le verdure: più sono “lisce” all’esterno e più questa pastella deve essere liquida». Mentre alla fatidica domanda “limone sì o no” che da sempre tormenta gli appassionati di questa cottura, la risposta del nostro chef non lascia scampo.

«No - chiude il nostro Virgilio della cucina gourmet - il limone non va utilizzato sulla frittura ma non perché sia scorretto il tentativo di sgrassare. Anzi. Al contrario perché quelle gocce, delicate e cristalline quando finiscono sulla doratura la rendono molle, smontando tutto il fascino della frittura che sta nella sua croccantezza e se noi gliela togliamo tanto vale bollire o passare al forno la nostra pietanza». Forti di questa ultima convinzione, insomma, ora abbiamo ottenuto tutti gli elementi per riconoscere un fritto di qualità. Insomma «siamo fritti» e possiamo avvicinarci alla kermesse più importante d’Italia. Regalandoci poi anche un weekend di cultura e un salto al mare, sulla Riviera delle palme.
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