Il prefetto senza casa: "Il sisma ha toccato
anche me. Ma ora ci credo, vinceremo noi"

Roberta Preziotti
Roberta Preziotti
di Alessandra Bruno
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Domenica 9 Luglio 2017, 16:48
«Sono più tenace che testarda, anche se il discrimine è sottile»: la prefetta di Macerata, Roberta Preziotti, si definisce così. La più alta carica dello Stato sul territorio è una donna le cui anime si declinano al plurale. Dalla capitale, dove ha lasciato il cuore, alla provincia, che glielo ha “rubato”, è arrivata due anni fa. La gavetta mai dimenticata, le passioni coltivate fuori dal palazzo del Governo, gli effetti del sisma sulla sfera umana e professionale: la prefetta si racconta (quasi) senza filtri. «Non confondo- svela- il privato con il ruolo istituzionale. Do molta importanza alle amicizie, alla famiglia, alla cura della casa, alla lettura dei libri. In famiglia? Anche se volessi imporre la mia autorità mio marito Giulio e mia figlia Ludovica, non me lo permetterebbero. Le responsabilità, invece, mi seguono. Mi posso togliere l’abito, ma i pensieri, soprattutto quelli legati ai profili umani, li porto a casa». Poi prosegue: «Il mio metodo anti- ansia è la lettura, a Macerata è il mio unico rifugio perché non ho tempo di fare altro. Ogni giorno mi riprometto di fare il giro delle mura, ma ancora non ci sono riuscita e sono qui dal 2015. A Roma è tutto diverso, curo il mio giardino, frequento le compagne dell’università, il mio adorato pastore tedesco, Tito». La Preziotti con le sue mise, è impeccabile in ogni occasione: «Ogni giorno mi guardo allo specchio e elimino due cose-confida - come diceva Coco Chanel bisogna sempre togliere qualcosa. Nello stile mi sento minimalista, essenziale. Più milanese che romana, per intenderci. Soffro per non avere il tempo di fare shopping, amo guardare le vetrine». 

L’agenda fitta di impegni
L’agenda fitta di impegni, i riflettori sempre puntati, un’aurea che affascina e impone doverose distanze: «Non mi sento affatto una vip- tiene a precisare- vivo come una persona qualsiasi che rappresenta la longa manus dello Stato. Una volta si diceva servitore, ma suona così arcaico. In questa piccola realtà ho trovato un grande calore e al di fuori del ruolo, credo che con la città ci sia un buon rapporto, disponibilità al dialogo. Ci si incontra il mercoledì al mercato, in piazza, per le vie». La tenacia e l’umiltà che la contraddistinguono sono racchiuse nella folgorante scalata professionale: «Non mi sarei mai immaginata così- ricorda- sono stata un’adolescente “difficile”, avevo un rapporto conflittuale con mia madre. Quando ho finito il liceo ho iniziato a fare la segretaria in una grande società di costruzioni, ma ho capito presto che volevo anche studiare. Avevo 22 anni e mi proposero di dirigere l’ufficio legale: vedevo i dirigenti uscire a mezzanotte e pensavo che non faceva per me, era presto». E continua: «Presi il diploma di stenodattilografia all’istituto Meschini: la prima volta ho premuto i tasti della macchina da scrivere così forte da farla cadere, poi le cose sono migliorate. Nel ’68 sono entrata nell’allora Ministero dell’Agricoltura. Mi sono laureata in Legge, sono diventata procuratore legale. Non avevo le idee chiare, ma a quell’epoca c’era un concorso per laureati ogni mese. La mia croce era il diritto amministrativo, così mi chiusi in casa per studiarlo a puntino. Feci anche il primo concorso come commissario di pubblica sicurezza aperto alle donne, ma mia madre accendeva ceri in chiesa perché trovava che per una donna non fosse una vita possibile. Dopo aver superato gli scritti, l’orale al Ministero dell’Interno. Non sapevo a che tipo di missione sarei andata incontro, ma mi sono avvicinata a una carriera che offre opportunità straordinarie». 

Le quote rosa
Il primo prefetto donna in Italia si è insediato nel ’93. Tempi recenti: «È stato il mio capo- dice ancora la dottoressa Preziotti- tante cose le ho apprezzate e assimilate ex post, come è accaduto con altri superiori da cui ho carpito insegnamenti e segreti. Al Ministero non c’è alcun tipo di discriminazione, tutt’ora il 50% dei prefetti è uomo e l’altra metà donna. Al lavoro non mi sento né uomo né donna, è una professione, per la sua stessa missione, di carattere neutrale». Una donna al comando, dai tanti volti. Come quello più umano e sensibile, svelatosi nell’emergenza sisma che ha investito il territorio e perfino lo stesso palazzo della Prefettura, con locali e alloggi inagibili: «È stato, è un banco di prova durissimo» conclude la prefetta.

La piccola struttura
«Per una piccola Prefettura sottodimensionata, rispetto a quegli eventi, come la nostra. Abbiamo lavorato al di là delle nostre forze, accantonare l’attività ordinaria. Ogni evento ha una sua storia, cambiano gli interlocutori, fondamentali in una situazione di emergenza. Sono stati indimenticabili le prime ore, la visione delle palestre attrezzate in poco tempo, gli sguardi delle persone. Era sempre buio, ma adesso con la bella stagione è cambiato l’approccio. Sono fiduciosa e per questo territorio sogno la ricostruzione, nel segno della legalità. Dove mi vedo fra altri due anni? Non decido io ma di questo territorio mi sono innamorata».
 
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