Luciana Sbarbati, vita da repubblicana
"Tutta colpa di Spadolini. Ha ragione Macron"

Luciana Sbarbati, vita da repubblicana "Tutta colpa di Spadolini. Ha ragione Macron"
di Lolita Falconi
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Domenica 14 Maggio 2017, 15:26
«Da dove cominciamo?». Luciana Sbarbati, 71 anni compiuti mercoledì scorso, avrebbe tante di quelle storie, aneddoti e spezzoni di vita in primissima linea e sulla cresta dell’onda da raccontare che per farlo bisognerebbe organizzare un libro a capitoli: dal babbo repubblicano e le pareti con l’edera, agli anni della scuola, da insegnante prima e da preside giovanissima poi, dalla famiglia con due figli e una nipotina amatissima, Melissa, agli oltre vent’anni “politici” nel corso dei quali non si è fatta mancare nulla visto che è stata eletta alla Camera, al Senato e al Parlamento europeo e ha fondato due partiti, uno da sola (il Movimento dei Repubblicani Europei), un altro con Prodi, Fassino e Rutelli (L’Ulivo) ed è tra i 45 “genitori” del Partito Democratico. Porta il suo nome la legge che ripristina la festa del 2 giugno, la festa della Repubblica. «Lo dissi a Ciampi, mi rispose ok, la manderemo in aula». Così andò. Dulcis in fundo, notizia fresca fresca, una lettera arrivata dalla prefettura: su proposta del presidente della Repubblica, in virtù dell’alto profilo morale, le viene assegnata l’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica. «Mi ha fatto immenso piacere, ho conquistato tutto da sola, senza protettori, facendo sempre fino in fondo il mio dovere». Postilla: i libri. Ne ha scritti sei. Il penultimo con la prefazione di Luciano Violante, l’ultimo con quella di Romano Prodi. 

Il principio
Luciana Sbarbati è un concentrato di energia. Repubblicana senza mai un minimo dubbio. Lo era anche il padre Fortunato. «Pensi che dentro la cucina della mia umilissima casa babbo aveva messo una bandiera italiana, da una parte Mazzini, dall’altra Garibaldi e in mezzo l’edera! E la cameretta dove dormivamo io e mia sorella Francesca alle pareti aveva tutte edere fino al soffitto. Mio padre mi parlava sempre di Mazzini, dell’Unità d’Italia, era amico di Oronzo Reale». E dal padre apprende anche un motto che diventerà il faro della sua vita. «Mi diceva sempre: “Luciana, ricorda: nessuno più di te e nessuno meno di te”». 

La scuola
A diciotto anni Sbarbati già insegnava alla scuola media delle suore di Santa Zita e studiava pedagogia alla Cattolica. La laurea? Arrivata presto, con 110 e lode e pubblicazione della tesi sui giovani e i loro problemi di crescita e di sviluppo della personalità. Subito è diventata assistente del professor Braido e nel frattempo ha fatto la sua prima esperienza politica, da consigliera comunale di opposizione a Chiaravalle, il suo paese. Ma non è amore a prima vista. «Non avevo proprio la passione politica all’epoca». A Chiaravalle è direttrice della scuola materna comunale della sua città dal ‘70 al ‘76 con nomina del sindaco Anna Maria Amadei e vicedirettore della Biblioteca Comunale. Dal ‘74 all’ 86 insegna su incarico ministeriale nella scuola infermieri professionali (attività pomeridiana senza lasciare la sua professione) della Unità Sanitaria Locale n.10 di Jesi. A trent’anni partecipa al concorso a preside. «Vinsi subito, e sono stata la preside più giovane d’Italia! Sono entrata subito in ruolo. Feci lo scritto che ero incinta del secondo figlio, lo superai con il massimo dei voti. Ho avuto subito la scuola sotto casa: primo anno Moie di Maiolati, dove con il sindaco Bucciarelli ho inaugurato il tempo pieno. Secondo anno alle medie di Falconara con un gruppo di docenti formidabile, e poi Chiaravalle. Ho sempre sostenuto che chi ha responsabilità deve avere anche potere. Così nell’82 già portavo i ragazzi delle medie della scuola pubblica in Inghilterra, un mese nelle famiglie! Poi i ragazzi di Londra venivano da noi, ospite delle famiglie dei nostri ragazzi». La politica è un altro capitolo, ricchissimo. Tutto parte nel 1992 da un incontro con Spadolini ad Ancona. «Mi conosceva perché scrivevo per La Nuova Antologia e voce repubblicana quando lui la dirigeva.
Mi disse: “Perché non ti candidi? Susanna Agnelli non si candida più e una donna sarebbe importante per il settore cultura”. Mio marito, che mi aveva detto già un no anni prima quando a Roma mi proposero docenza e carriera universitaria, mi diede obtorto collo l’ok». Collegio regionale, preferenza unica e Sbarbati, da outsider, viene eletta a furor di popolo. «Andai a fare campagna elettorale ovunque, anche nelle sagrestie, mi hanno votato tutti». Da quel momento non si ferma più fino al 2013, in un’ascesa inarrestabile. 

Grinta e coraggio
La sua ricetta? «Grinta e coraggio. All’inizio con La Malfa andavamo d’accordo. Ma in seguito alla decisione del Pri di allearsi con la Casa delle Libertà di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche del 2001, Sbarbati assume la guida del fronte di opposizione alla nuova linea del segretario del partito, favorevole a continuare l’alleanza con l’Ulivo. «Pazienza per Berlusconi ma le posizioni leghiste non potevano andar bene! Lì è cominciata la guerra politica con La Malfa». Sia lui che lei si candidano insieme alle Europee. «Io ce l’ho fatta, sono stata l’unica nella storia a battere il suo segretario politico. Violante, all’epoca presidente della Camera, un giorno mi chiamò e mi disse: “Dimmi come hai fatto”. Gli risposi: “Non lo so neanche io!”». Le campagne elettorali di Sbarbati sono un pullulare di iniziative, di viaggi, di incontri. «Avevamo messo su una vera e propria macchina da guerra - ricorda - fatta per lo più da volontari che prestavano la loro opera gratuitamente». Al suo fianco la segreteria e factotum Manuela Lenci, ombra silenziosa ed efficientissima. Dopo la rottura con il Pri e la fondazione del Movimento Repubblicani Europei arrivano gli anni dell’Ulivo.

La foto-icona
Anni di battaglie durissime fino alla vittoria del 2006. La foto in piazza Santi Apostoli la sera della vittoria elettorale di Romano Prodi contro Berlusconi con Sbarbati, Rutelli e Fassino è un’icona della politica di quegli anni. Ma cos’è per Sbarbati la politica? «La penso come Spadolini: è la capacità di ragionare con la propria testa riuscendo però nella nobile arte della mediazione oltre che avere capacità di visione. Un politico, come un insegnante, non mette mai le pantofole! Deve continuare ad andare avanti, en marche! come dice lo slogan del neo presidente francese Macron. Gli orizzonti si aprono andando avanti, solo così si riescono a vedere i cambiamenti. Con la caduta dei partiti tradizionali - prosegue Sbarbati - oggi c’è solo la conquista del potere. Invece la politica si fa con la valigia in mano, quando l’incarico è terminato si torna da dove si era arrivati». Quando Veltroni la chiama per fondare il Pd, lei rientra da Bruxelles e scommette sul nuovo progetto tanto da comparire tra i 45 del comitato promotore. «Ma nel Pd non sono mai voluta entrare, volevo che la parte laica avesse la stessa dignità di Ds e Margherita». Nel 2008 è candidata in Sardegna. «Io capolista al Senato, Arturo Parisi alla Camera». Con Magistrelli e Amati in quegli anni erano le tre senatrici di ferro delle Marche. Nel 2011 la riunificazione di Pri e Mre. «Con La Malfa ci siamo riparlati, non c’è più la forte contrapposizione di un tempo». 
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