Giacomo e la musa tessitora Teresa,
così è nato il mito dell’idillio A Silvia

La casa di Silvia, dirimpetto a Palazzo Leopardi: di recente è stata riammobiliata e aperta per i visitatori
La casa di Silvia, dirimpetto a Palazzo Leopardi: di recente è stata riammobiliata e aperta per i visitatori
di Antonio Luccarini
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Domenica 13 Maggio 2018, 16:46
Se ci si limita a considerare i pochi dati anagrafici e le scarne notizie informative della documentazione storica relativa alla breve parabola esistenziale di Teresa Fattorini, la giovane di Recanati, figlia di un famiglio di una nobile casata del paese marchigiano, non emerge alcun elemento significativo degno di sottrarre all’oblio della memoria la vicenda di una giovane “tessitora”. Teresa figlia del cocchiere di Casa Leopardi, nata il 10 ottobre del 1797, vissuta a cavallo di due secoli fatali, il rivoluzionario Settecento e l’esplosivo Ottocento, chiuse tragicamente il proprio percorso di vita all’età di ventun anni il 30 settembre del 1818 divorata dalla tisi. 

L’immagine idealizzata
In realtà, all’insignificante e poco rappresentativa figura reale di giovane donna del popolo sfortunata, viene a sovrapporsi l’immagine idealizzata, resa universale e immortale dalla funzione eternatrice della poesia, del personaggio che ha ispirato la figura femminile cantata da Giacomo Leopardi in uno dei suoi più celebri idilli, A Silvia. Occorre , comunque, premettere che ai fini del risultato artistico raggiunto, la questione che riguarda la figura ispiratrice di ogni qualsiasi operazione artistica, occupa una posizione di assoluta marginalità se non di vera e propria irrilevanza. Ma la sovrapposizione fra la giovane Teresa Fattorini e il personaggio, dalla consistenza del tutto virtuale e poetica, della Silvia immortalata dai versi del grande poeta marchigiano, fu suggerita dallo stesso Leopardi nelle pagine dell’abbozzo di “Ricordi di infanzia e di adolescenza” scritte a pochi mesi della morte di Teresa Fattorini, nella primavera del 1819 ,e in quelle altre del suo “Zibaldone” , composte nel giugno 1828, in cui venivano, appunto, documentati alcuni spunti del proprio processo creativo. E tale sovrapposizione costituisce la base dell’attuale mitizzazione di Teresa Fattorini che, grazie alla risonanza mediatica suscitata da alcuni eventi recenti, è ritornata all’attenzione di un pubblico vasto, non più limitato alla ristretta cerchia di insegnanti ed alunni che la ritrovavano superficialmente citata in note marginali di commento al testo leopardiano. 

Il primo richiamo attuale
In primo luogo grazie ala rivisitazione cinematografica della parabola esistenziale ed artistica di Giacomo Leopardi voluta da Mario Martone con il suo film “Il giovane favoloso”, dal momento che la pellicola ha incontrato, oltre che il meritato plauso della critica anche un inaspettato consenso del pubblico. Nel fortunato soggetto, ideato dallo stesso regista partenopeo, non poteva mancare il riferimento al personaggio che aveva accompagnato infanzia e adolescenza dell’autore dei “Canti”, quella Teresa Fattorini che abitando proprio nella piazzetta antistante il palazzo nobiliare dei Leopardi, aveva ritmato, con il suo canto e il rumore del telaio del suo lavoro di tessitrice, i ”leggiadri studi” del poeta. Proprio per dare una maggiore consistenza reale alla sua figura, per il ruolo dell’infelice Teresa Fattorini, Martone e i suoi collaboratori hanno evitato di fare ricorso ad una attrice professionista, preferendo scegliere un volto del territorio a cui potessero appartenere quegli occhi “ridenti e fuggitivi” evocati dal verso leopardiano. E la scelta è caduta ,dopo un’attenta ed accurata selezione, sul volto giovane e fresco di una giovane cameriera di Recanati, Gloria Ghergo, che è stata in grado, al suo esordio nel grande schermo, di raccontare in poche immagini di forte suggestione espressiva, il passaggio dai sogni di una ardente giovinezza alla crudeltà dolorosa di una fine prematura. E di recente a rinverdire il mito di “Silvia”, simbolo eterno delle speranze e dei desideri di ogni adolescenza, è stata aperta al pubblico, in funzione museale, l’abitazione in cui il cocchiere di casa Leopardi viveva con la sua famiglia. Sono state arredate le tre stanze, due camere e una cucina, dove abitavano i Fattorini, e dove, appunto consumò i suoi giorni la giovane Teresa: tra oggetti d’epoca capaci di raccontare la sobria quotidianità di gente umile e laboriosa, si può accedere alla finestra alla luce della quale lavorava la ragazza. 

La ricostruzione rovesciata
È come avere l’occasione di ricostruire, in forma rovesciata,- finora si aveva la possibilità di ritrovare a Palazzo Leopardi il punto di osservazione del poeta rispetto alla casa di Teresa- il rapporto di vicinanza spaziale e di distanza socio-culturale che caratterizzava il legame tra i due giovani coetanei alle prese con i sogni dell’adolescenza: adesso dalla finestra di “Silvia” si può immaginare un giovanissimo Leopardi che interrompe gli studi per ascoltare rapito i canti della ragazza e seguirne il volo aperto con la fantasia.
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