Daraio: «Io, scienziata in California ma sogno
il Conero e gli spaghetti alle vongole»

Chiara Daraio
Chiara Daraio
di Lucilla Niccolini
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Domenica 2 Luglio 2017, 16:29
Saltare in alto e fare centro. Chiara Daraio da ragazza giocava a basket nella Sidis di Ancona, a livello agonistico, ma tirava anche di scherma e praticava il tiro con l’arco. Fare centro, appunto. Di natura curiosa, instancabile, interessata fin da piccola a cosa sta dietro alla natura, alle cause delle cose, è una che deve andare al cuore delle questioni. E sa che per farlo, bisogna studiare e usare la testa. Trentanove anni, un visetto scarno e acuto, una gran frangia di capelli scuri sugli occhiali, Chiara Daraio insegna Aeronautica e Fisica applicata al Caltech, il centro di ricerca d’eccellenza di Pasadena (California). Risulta tra i dieci migliori scienziati under 40 del mondo.

Costruiva macchine più impensabili
È nata ad Ancona. Da bambina giocava col Lego, a costruire con i mattoncini colorati le macchine più impensabili. «Ho riletto uno dei vecchi temi delle scuole elementari: sognavo di viaggiare, fare l’esploratrice o l’archeologa. Oppure di inventare macchine volanti e treni magnetici». Il primo viaggio all’estero da sola risale alle vacanze tra la seconda e la terza media: tre settimane in Inghilterra a imparare l’inglese. La curiosità. «Dopo il liceo, cercavo un argomento di studi che mi facesse capire come funzionano le cose, e come progettarne di nuove. Volevo dare corso al mio amore per la fisica e la matematica».

Laurea alla Politecnica
Si è laureata alla Politecnica delle Marche in Ingegneria Meccanica. «Il mio relatore, il professor Enrico Evangelista, aveva una collaborazione con un collega all’Università della California a San Diego, per lavorare su leghe di zirconio. Un’occasione che colsi al volo!». Compra il biglietto, e parte da sola. Al padre Michele, che si offre di accompagnarla per aiutarla a trovare una sistemazione, risponde che ha già trovato casa. Ma non era vero. Autonomia e intraprendenza.

Quella ricerca a San Diego
A San Diego, svolge una ricerca sui materiali per conservare le scorie nucleari. Le pubblicano una sua scoperta, di cui fa argomento della tesi di laurea, nel 2001. Il dottorato a San Diego è conseguenza già scritta. «Una delle cose che mi hanno più impressionato all’arrivo in California? Lo spirito di iniziativa, l’energia per intraprendere sfide impossibili, la capacità di ridiscutere e rivalutare, tra pari, idee difficili e controverse». L’ha detto a febbraio, invitata dal rettore Sauro Longhi a tenere il discorso di inaugurazione dell’anno accademico della sua università. «Ho subito apprezzato, del modo di lavorare in Usa, l’apertura alle nuove idee, la libertà di perseguire i propri sogni, le tante opportunità. Poi, la semplicità e la pragmaticità della vita. Il sentirsi accettati per quel che si è». Se poi sei come Chiara, diretta, solare, dinamica, è difficile non che non ti accettino per quel che sei. Schietta e informale, non si è mai posta il problema del livello di chi aveva davanti. E questa sua informalità agli americani piace molto. L’attribuiscono al suo essere italiana.

La frase di Franklin
Le piace citare una frase di Benjamin Franklin: «L’energia e la persistenza conquisteranno ogni cosa». Da dottoranda intraprende diversi progetti, guidata da quella curiosità tenace; viaggia tra l’Oregon e San Francisco, trascorre più di un anno a Berkeley. «Da ogni esperienza ho imparato nuovi approcci, nuove tecniche, sono nate nuove idee. Ma sempre, lavorando, ho cercato di divertirmi. Sono stata fortunata: ho avuto l’opportunità di scegliere di studiare quel che mi appassiona, e ho sempre vissuto il mio lavoro anche come un hobby. La creatività va coltivata ancora oggi mi aiuta a pensare fuori dagli schemi».
omande a nove università, in quattro paesi. Il Caltech mi ha risposto dopo due mesi. Ho fatto il colloquio e dopo tre settimane ho firmato il contratto. In America, hanno il coraggio e la saggezza di scommettere sui giovani». Oggi conduce un gruppo di ricerca composto da una ventina di ricercatori, che si occupa dello studio di nuovi materiali ultraleggeri che possa proteggere sistemi elettronici dalle vibrazioni e impatti. Stanno sperimentando nuovi materiali con precise proprietà acustiche. 

L’impatto di una ricerca
«In campo biomedicale – spiega – il nostro lavoro potrà servire a migliorare le immagini ultrasoniche. O in campo aeronautico, a creare sensori non lineari per osservare le proprietà delle strutture, e prevenire le fratture. Ecco, studiamo nuovi sistemi su larga scala per proteggere le infrastrutture dai terremoti». Un campo di ricerca, del quale l’Italia avrebbe adesso molto bisogno. «Ma per tornare a lavorare nel mio paese, dovrei poter avere le stesse opportunità che abbiamo, mio marito e io, qui in California. La possibilità di costruire qualcosa di nuovo e continuare a crescere». Per i suoi progetti, che coprono aree dall’aerospazio alla medicina, il suo gruppo collabora con grosse realtà industriali, dalla Walt Disney alla General Electric.
Quattro anni fa, anche per avvicinarsi alle Marche, ha accettato di coordinare un gruppo di ricerca al Politecnico di Zurigo. «Una bella esperienza, ma dopo tre anni siamo tornati a Pasadena», dove oggi vive con il marito Tapio Schneider, anch’egli docente del Caltech e collaboratore della Nasa, e i due figli, Ari e Niko, sette e cinque anni, che parlano tre lingue (e mezza): l’italiano con Chiara e i nonni anconetani, il tedesco con il padre e genitori di Tapio, papà tedesco e madre finlandese, e l’inglese. La mezza lingua? «Lo svizzero tedesco, che si parla a Zurigo».

Quel videomessaggio
L’anno scorso, quando le è stato attribuito il Ciriachino d’oro dal sindaco Mancinelli, non è potuta venire ad Ancona, ha mandato un video messaggio, in cui esprime tutta la sua nostalgia per Ancona e le Marche. «Mi sarebbe piaciuto ricevere il premio, anche perché assieme a me era stato designato don Bartolomeo, con cui ho fatto, quand’ero ancora studentessa, la mia prima esperienza di volontariato in Africa, in Kenya». Eh sì, Chiara è una ragazza che non si ferma davanti a niente. Anche la famiglia e i figli non sono mai stati per lei un problema. Sa fare la madre, bene come tutto il resto. E tra poco torna ad Ancona, per le vacanze. «Quindici giorni. Ne passerò pochi a casa: ho da tenere un conferenza in una università italiana. Poi, non posso assolutamente mancare alla seduta di dottorato dei miei allievi di Zurigo… ma non mi voglio perdere una settimana di mare sulla Riviera del Cònero: mio marito e i miei figli sono felicissimi di passare le vacanze estive nelle Marche. Almeno una volta all’anno torniamo, a trovare la famiglia e a far conoscere ai miei figli i posti a me più cari. E io, gli spaghetti con le vongole, me li sogno la notte!».
 
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