Roberta Termali, dalla Milano da bere
alla vita in provincia: «Ora vedo rosa»

Roberta Termali
Roberta Termali
di Lucilla Niccolini
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Domenica 10 Settembre 2017, 12:30 - Ultimo aggiornamento: 2 Ottobre, 22:25
«Mi hanno preso!». Sembra di vederla, Roberta Termali, capelli biondi al vento e schegge di felicità negli occhi, gridarlo ai genitori, giù di sotto, in strada, affacciata al balcone, al nono piano del grattacielo milanese dove abita. È il 1982, la ragazza Roberta ha diciott’anni. Ha appena saputo che è stata scelta per “Vincente e piazzato”, un programma di ippica di Rete4. «E pensare che ero andata ad accompagnare delle ragazze ai provini. Lavoravo nell’agenzia di una mia amica, perché col liceo Linguistico ero stata in Inghilterra e in Germania a studiare, e me la cavavo con le lingue straniere. Quando sono arrivata negli studi - cercavano un’italiana acqua e sapone - il produttore mi ha dato un copione da leggere». Era timida, ma da buon intenditore, Carlo Tumbarello aveva capito subito che quella biondina aveva stoffa. Minimizza: «Mi ha aiutato molto il fatto che, studiando tedesco, avessi una memoria molto esercitata».

Il secondo step
Nel 1985, un’altra occasione insperata: scritturata per Studio 5, il programma di punta di Canale 5. «Avrei dovuto fare la valletta, ma a una settimana dall’inizio delle registrazioni, la conduttrice designata, Sidney Rome, rescinde il contratto, mai saputo perché, e la scelta cade su di me». Boom. Prima esperienza al timone di un programma tivù, con Marco Columbro e Francesco Salvi. Roberta è schiva – «non avrei mai potuto affrontare un pubblico in teatro» - ma molto determinata. Per i network privati incarna la tipica bellezza da lanciare. «La Milano da bere? Molto bella e ancora poco contaminata. E negli studi di Mediaset circolava aria pulita, nuova, molto stimolante». Con Paola Perego, Maria Teresa Ruta e Susanna Messaggio prendeva lezioni di dizione da Mariolina Cannuli, da Piero Mazzarelli quelle di recitazione. «Non ci mandavano allo sbaraglio con abiti succinti: sono molto fiera del mio esordio televisivo. Anche allora, certo, c’erano persone che si lasciavano corteggiare per ottenere un lavoro. Altre no.
Sono orgogliosa di poter dire che non mi sono mai fatta nemmeno sfiorare dall’idea di accettare il benché minimo compromesso in cambio di una carriera più luminosa».

Guida fast in tempi complicati
Guida fast per tenere a distanza la categoria di cui sopra. «Basta essere accorte: li riconosci, i tipi malintenzionati. Seguo l’istinto, le vibrazioni. Certo, la rivalità è diffusa, come in ogni ambiente, e quello televisivo è decisamente molto competitivo, ma non mi sono mai sentita vittima di discriminazioni. Ho smesso di studiare e ho deciso di trovare lavoro perché volevo realizzarmi, e ho fatto tutto da sola, con discrezione e pacatezza. Guardo l’interno, non mi fermo al guscio. E se una persona mi ispira, difficilmente sbaglio giudizio». Quando Tumbarello passa a Odeon Tv, la chiama a condurre “Forza Italia”, un programma ambizioso di commento sul calcio. La sigla era quell’inno che cantava Toto Cotugno. «Un programma veramente bello. Il calcio conteneva tante altre cose, e in ogni puntata gli autori si inventavano mille fantasie. Per me, ha significato superare un ostacolo alto: in studio c’era il pubblico, e io andavo in crisi». 

Galeotta la trasmissione
Accanto a lei, Walter Zenga e Fabio Fazio, l’esperto di calcio e il comico. «Ci siamo divertiti un sacco, tra noi si è creato un grande affiatamento. Di calcio non ne sapevo nulla. Ma per quello c’era Walter, seguivo attentamente quello che diceva e imparavo, sul campo…». Poco dopo le prime puntate, nasce l’amore. «Con Walter, una storia seria e lunga». E due figli, Nicolò e Andrea.  «Coronavo il mio sogno di farmi una famiglia». Intanto muore Carlo Tumbarello, Roberta passa a Telelombardia. «Un altro programma, “90° Donna». Ero già incinta del secondo figlio. Andavo in onda col pancione, e quando nacque Andrea vennero le telecamere a riprendermi in ospedale. Faceva tenerezza quel mio parlare di calcio con un linguaggio comprensibile anche alle donne, l’unico col quale sapevo esprimermi. Ricevevo centinaia di lettere di ragazze e signore, anche di una certa età, che mi ringraziavano perché, dicevano, riuscivano a capirmi. Mi commuovevo dei loro complimenti, suonavano sinceri».

L’invito di Pippo Baudo
Ma con la maternità, qualcosa è cambiato. «Mi sentivo completata dai due piccoli. E quando mi chiamò Pippo Baudo per chiedermi di fare l’inviata per “Gran varietà” – ero in macchina, non riconobbi la sua voce, credevo fosse il suo agente – risposi di no. Allora Walter era sempre lontano, non avevo nessuna intenzione di delegare i bambini ai nonni, volevo essere presente nella loro infanzia. Fu la mia sliding door. Chissà come sarebbe ora la mia vita se avessi accettato? Ma è inutile chiederselo». A quel tempo, Roberta aveva aperto con un’amica un negozio di abbigliamento per bambini, in un paesino sul lago di Como. «Walter giocava nella Sampdoria, passava più tempo a Genova che con noi. Ci siamo separati, ma la nostra storia era già finita da mesi». Conosce Andrea Accorroni, imprenditore di Osimo. «Ci hanno presentato al Green Leaves di Porto Recanati degli amici comuni, cui ogni tanto venivo a fare visita qui nelle Marche. Lui mi ha fatto una corte serratissima. Ho deciso di crederci, e mi sono trasferita a Osimo con i due figli. Ci siamo sposati e abbiamo avuto Fabio e Francesco, che ora hanno quindici e tredici anni. E pensare che nasco monogama!».

La sua famiglia allargata
La sua è una famiglia allargata. «I ragazzi sono cresciuti insieme, si amano. Mai permessa la parola “fratellastro”, un termine orribile, che detesto». E quando anche l’amore per Andrea si estingue, Roberta rimane a vivere a Osimo. Perché? «L’idea di andarmene mi ha sfiorato, appena dopo la separazione. Ma i ragazzi si erano ambientati, e non avevo nessuna intenzione di allontanarli da qui. Non si può giocare con la vita dei figli, far ricadere su di loro i fallimenti dei genitori. E poi, io amo questo posto, mi piace la vita di provincia, gli osimani sono persone adorabili. No, a Milano non potrei più vivere».

Arrivano i ragazzi dal campo
Intanto, arrivano a casa i ragazzi dal campo. «Anche loro praticano tanto calcio, Andrea gioca nella squadra del San Biagio». Nella frescura dello studio, le brillano gli occhi. Sportiva, semplice. «Trovo che se hai bei tratti, non devi marcarli. La bellezza è essere se stessi. Mi considero una donna all’antica, spero di aver trasmesso dei valori ai miei figli. E adesso, ho trovato un nuovo amore, piace anche a loro. Avevo perso la speranza di trovare la persona giusta. È un uomo davvero speciale, un regalo che la vita mi ha fatto. Un uomo che mi ha insegnato il vero amore e che mi sta rendendo estremamente felice». Il futuro di Roberta? «Ora, dopo dopo tanti anni bui, io vedo rosa».
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