Federica Feliziani dalla Serie D
al paradiso: «Il mio volley libero»

Federica Feliziani
Federica Feliziani
di Lorenzo Sconocchini
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Venerdì 28 Aprile 2017, 13:19 - Ultimo aggiornamento: 18:45
FILOTTRANO - Una storia d’altri tempi, da prima che cancellassero il cambio palla per rendere il volley uno sport più televisivo. Una storia che dura da 25 anni in cui Federica Feliziani, la protagonista, ha messo in fila sei promozioni partendo dalla serie D e collezionando anche un primato personale: quello di arrivare in A1 con la Lardini Filottrano, la sua squadra di sempre, continuando - caso più unico che raro - a dividersi tra allenamenti, trasferte, partite domenicali e un lavoro extra sportivo nella casa di riposo filottranese Il Chiostro, dove mette a frutto la sua laurea in Scienze infermieristiche. «Gli ospiti sono sempre stati carinissimi con me - racconta il libero della Lardini, 33 anni, filottranese doc - Lunedì al rientro al lavoro mi hanno accolto con un applauso, com’era successo anche dopo la vittoria della Coppa Italia. Mi hanno detto che sabato pomeriggio, mentre noi giocavamo a Caserta la partita decisiva, loro erano davanti al televideo aspettando di sapere il risultato. Ad alcuni avevo fatto già vedere il video della finale di Coppa con Pesaro, e all’inno nazionale si sono commossi».

La ragazza del paese
Federica, ragazza del paese, è il tipo che fa scattare il meccanismo dell’identificazione, soprattutto per le ragazzine che giocano a pallavolo. «Me lo fa notare Michele, mio marito, ricordandomi che tante giovani vedono in me un esempio. Ma io mi sento come sono sempre stata, cercando di fare il mio e di farlo nel modo migliore». Facile specchiarsi in questo volto di ragazza. Non solo perché guardarla negli occhi non fa venire il torcicollo, con il suo metro e 72 (attenzione però: fino alla B2 svettava da schiacciatrice) ma soprattutto per la normalità con cui ha vissuto l’irresistibile ascesa del volley filottranese. «Quando mi chiedono il segreto del nostro successo - sintetizza Giovanni Morresi, presidente onorario della Polisportiva Filottrano griffata Lardini - faccio il nome di Federica, che è il compendio delle nostre doti: un passo alla volta, con umiltà e lavoro serio». 

Il primo passo a otto anni
Primo passo a otto anni, infilando le gambe magrissime nelle ginocchiere. «La pallavolo a Filottrano per una ragazzina era una scelta quasi naturale, poi mi ero appassionata ai cartoni di Mila e Shiro, cercavo di imitarli - ripesca nei ricordi le prime emozioni - Non ho avuto traini in famiglia, mia sorella Martina è più piccola di cinque anni». Idee chiare sin dai primi tornei nei paesi vicini, accompagnata dai genitori Luciano e Gabriella. «Già pensavo che sarei arrivata a giocare in serie A e alle Olimpiadi - confida - ma erano sogni da bambina. Tenevo così tanto alla pallavolo che quando i miei minacciavano punizioni, la sanzione era quella di non mandarmi all’allenamento». Alla serie A Federica c’è arrivata davvero, ma senza dover spiccare balzi da vertigini. «È stato bello vivere questa esperienza un passo alla volta, senza essere catapultata a 15 anni in una realtà che non conosci». Non che questa salita progressiva sia stata comoda. «Fino alla serie C ti alleni la sera, 3 o 4 volte la settimana. Non ci sono stati grossi sacrifici, ma ho sempre messo la pallavolo al primo posto, era importante arrivare pronta alla partita. Certo di sabati sera passati con le amiche ce ne sono stati pochi, ma ne ho fatti tanti con le compagne di squadra, mi hanno ripagato».

Tre campionati di serie A2
Poi la faccenda si fa seria, tre campionati di serie A2, allenamenti e partite quasi tutti i giorni: in tre stagioni Federica colleziona 86 presenze su 86 gare, tra campionato e coppa nel ruolo di libero, bravissima in ricezione, quasi prodigiosa nel non far cadere palloni nel proprio campo. «Ho rischiato di restare fuori proprio a Caserta, per la pallonata presa in faccia nel secondo set, sarebbe stata una beffa atroce, ma ho resistito». 
Più gioie o sacrifici? L’elenco delle rinunce dura assai più di un time out. Alla prima offerta di lavoro. «Appena laureata, ho preferito rinunciare all’assunzione in un’azienda ospedaliera, perché non avrei avuto modo di ritagliarmi tempo per il volley - ricorda - Ringrazio la mia azienda, la cooperativa Vivicare di Jesi, e le colleghe di lavoro per l’elasticità con cui vengono incontro alle mie esigenze».

Pranzo di nozze con maxischermo
La rinuncia a diverse feste in famiglia e ai viaggi, la passione di famiglia. «A mio marito piacerebbe farne di più, ma quando ha deciso di sposarmi sapeva che ero una pallavolista. Ma la cosa più bella è condividere con lui queste emozioni». Al matrimonio dell’amica del cuore Martina, che l’aveva scelta come testimone. «Il giorno delle sue nozze ero a Marsala, per la finale playoff di B1. Lei mi ha detto “stai tranquilla, so che sei accanto a me”. E per accorciare le distanze ha messo un maxischermo nella sala del ristorante».
L’anno scorso, proprio di questi tempi, la storia di Federica ha imboccato una porta girevole, da cui poteva uscire da ex giocatrice, scottata dal golden set dei playoff persi a Trento. «Pensavo di smettere - confida - perché la stagione era finita con tanta amarezza e sapevo che se ne sarebbero andate Greta Cavestro e Claudia Stincone, le compagne della promozione in A2. Poi a maggio è arrivato il coach Massimo Bellano, mi ha chiesto di incontrarci dieci minuti per un caffè e quell’appuntamento è durato due ore. Mi ha acceso la scintilla, ho capito che un allenatore del genere ci avrebbe portato in A1».

25 anni di sacrifici ripagati
In fondo a quel caffè c’era lo zucchero che ripaga 25 anni di sacrifici. Federica l’ha capito a Caserta. «Arrivare tra le grandi della pallavolo italiana con la squadra del mio paese è qualcosa di irreale, ancora non ci credo. Il merito è di tanti: noi siamo state brave, un mix tra ragazze piene di talento, tra cui Sofia Tosi, una delle più belle sorprese di questa stagione, e donne eccezionali, come Chiara Negrini. Ma non ce l’avremmo fatta senza la guida di Bellano, senza la passione e il calore della famiglia Lardini, presente anche a Caserta con Lorena, senza i nostri tifosi, che si sono dimostrati da serie A1 ancora prima della promozione. E senza la serietà di un club di persone stupende, a partire dai presidenti Renzo Gobbi e Giovanni Morresi, gente con cui basta uno sguardo per capire che puoi fidarti. Non è un caso se per trovare l’accordo non c’è stato mai bisogno di parlare di soldi e di contratti, aspetti per me del tutto marginali. Contano di più i rapporti umani che si creano in questo sport, tra persone vere». Vero come l’abbraccio con Eleni Kiosi, l’ex capitano rosanero ora a Pesaro, stretto dopo il derby perso in casa da Filottrano, la sconfitta che poteva costare un campionato. «L’amicizia è più forte di ogni rivalità». Adesso c’è la serie A1, il sogno non si ferma. Poi ci sarà tempo per pensare alla maternità. «Qualcuno mi consiglia di fermarmi il tempo necessario per avere un figlio, ma non mi ci vedo agli allenamenti con un bimbo piccolo lasciato a casa. Meglio dopo, quando avrò smesso con la pallavolo». Che sia femmina o maschio, ci sono pronti i cd con intere collezioni di Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo. 
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