«Lisippo, legittima la confisca». La statua deve tornare a Fano

La Corte Europea respinge il ricorso del Getty Trust contro l’ordinanza del giudice Gasparini di Pesaro Ora si deve sbloccare la rogatoria internazionale già inoltrata agli Usa per la restituzione del reperto

«Lisippo, legittima la confisca». La statua deve tornare a Fano
«Lisippo, legittima la confisca». La statua deve tornare a Fano
di Lorenzo Furlani
5 Minuti di Lettura
Venerdì 3 Maggio 2024, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 5 Maggio, 13:00

PESARO È caduto l’ultimo diaframma giudiziario. Ora, in base al diritto anche internazionale, è aperta la strada per la confisca dell’Atleta Vittorioso di Lisippo ordinata dal giudice Gasparini del tribunale di Pesaro e per il ritorno in Italia, e in particolare a Fano, dell’originale bronzeo attribuito al grande scultore greco, vissuto nel IV secolo avanti Cristo, detenuto dal Getty Museum nella Villa di Malibu. La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ieri ha respinto l’ennesima e ultima impugnazione del J. Paul Getty Trust contro la confisca della statua, come corpo del reato di esportazione illecita, disposta nel giugno 2018 dal tribunale e confermata pochi mesi dopo dalla Cassazione italiana. La pronuncia è stata espressa all’unanimità dalla prima sezione (composta da 7 giudici) della Corte di Strasburgo, perciò teoricamente entro tre mesi il Getty Museum potrebbe chiedere il rinvio della causa alla Grande camera.

La pm Cecchi: «È meraviglioso»

«La notizia è meravigliosa» commenta la pm della procura di Pesaro Silvia Cecchi, che negli ultimi 17 anni ha combattuto questa battaglia per il diritto e la difesa del patrimonio artistico nazionale.

La soddisfazione è tanta che, per una volta, sul rigore dei codici e delle norme prevale l’entusiasmo di una battuta: «Adesso prendiamo un bel catamarano e ce l’andiamo a prendere in California».

La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ora deve necessariamente sbloccare la rogatoria internazionale per l’esecuzione della confisca, istruita dalla procura di Pesaro e inoltrata sin dal luglio 2019 tramite l’ambasciata italiana al Dipartimento federale della giustizia degli Stati Uniti d’America.

Respingendo il ricorso della Fondazione Getty promosso per l’asserita violazione della proprietà del bene culturale, la Cedu ha affermato la legittimità dell’azione intrapresa dall’autorità giudiziaria italiana per recuperare l'opera d'arte, che fu rinvenuta nelle acque dell'Adriatico, al largo delle Marche, nel 1964.

Dopo due millenni di oblìo, nell’agosto di 60 anni fa, la statua riemerse dal mare nelle reti del motopeschereccio “Ferruccio Ferri” e fu sbarcata a Fano, dando origine a un giallo transnazionale. Pagata 3,5 milioni delle vecchie lire dagli imprenditori Barbetti di Gubbio ai marinai fanesi, la statua rimase in clandestinità fino al 1977 quando entrò in possesso del Getty Museum di Los Angeles, che l’acquistò per 3,95 milioni di dollari (una cifra mai pagata fino allora nel mercato dell’arte) dal commerciante tedesco Heinz Herzer.

La Corte di Strasburgo, nella sua sentenza, rileva che nella vicenda la Fondazione Getty si è comportata «in maniera negligente o non in buona fede nel comprare la statua nonostante fosse a conoscenza delle richieste avanzate dallo Stato italiano e degli sforzi intrapresi per il suo recupero». Perciò, la misura della confisca è stata ritenuta «proporzionata all'obiettivo di garantirne la restituzione» considerando che la protezione del patrimonio culturale e artistico di un Paese rappresenta una priorità anche dal punto di vista giuridico cui tendono diverse norme internazionali.

Solida la pronuncia del tribunale

Solida, in particolare, si è dimostrata la pronuncia del giudice Giacomo Gasparini che sulla base della testimonianza, verbalizzata dai carabinieri nel 1977, del capobarca Romeo Pirani (morto nel 2004) aveva stabilito che la statua fosse stata pescata in acque italiane e, comunque, issata a bordo di un’imbarcazione sottoposta all’ordinamento nazionale. Rilevando, perciò, come il reperto archeologico rientrasse per legge nel patrimonio indisponibile della Stato italiano e come il Getty non potesse far valere la buona fede dell'acquisto in quanto «nel 1977 il museo ha ignorato per colpa che la statua non era mai stata presentata alla Dogana».

Il suo era stato il terzo pronunciamento del tribunale di Pesaro per la confisca, all’esito dell’incidente di esecuzione promosso dalla procura, impugnando la decisione del giudice per le indagini preliminari Barberini, che nell’archiviare l’inchiesta per esportazione illecita della pm Cecchi, scaturita da un esposto del 2007 presentato dall’associazione “Le Cento Città”, aveva respinto l’istanza della confisca.

Le precedenti decisioni

A favore della confisca della statua si erano già espressi la giudice Mussoni nel 2010 (“ovunque si trovi”) e, dopo l’impugnazione del Getty, il giudice Di Palma. Un successivo ricorso per violazione di legge della Fondazione Getty alla Cassazione aveva provocato un rinvio per la questione della pubblicità delle udienze alla Corte Costituzionale e, sulla base del principio da quest’ultima affermato, l’annullamento da parte della Suprema Corte del secondo giudizio di esecuzione, che si era svolto in camera di consiglio, con il ritorno della causa a Pesaro per un rito rinnovato in udienza pubblica.

«La destinazione naturale della statua è Fano - ha commentato ieri il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano -. Ovviamente quando si trova qualcosa di nuovo o si riportano le opere in Italia si fanno mostre per farle conoscere». Premiato così l’impegno della città di Fano, che ha partecipato con la testa e il cuore a questo travagliato percorso giudiziario, al quale ora manca solo il risultato finale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA